Giuseppe D’Alonzo apre il nuovo anno con il singolo L’ora più dolce. Il brano vede la collaborazione della cantante Manuela Limina. Abbiamo intervistato il cantautore.
Se dovessi descrivere L’ora più dolce con una sola parola, quale sceglieresti e perché?
Sceglierei la parola “incontro” perché è da questo che possono nascere le cose migliori, dal voler venire incontro alle esigenze altrui e non solo alle proprie, questo lega i sentimenti. Le due generazioni si vengono incontro, si ascoltano e riscoprono il valore dell’empatia.
D’altro canto il progetto stesso nasce anche dal volersi mettere in gioco insieme, aprirsi alla cantante e viceversa, collaborare, incontrarsi in un luogo, suonare il draft, incidere le voci e così via.
Qual è stata la scintilla che ha dato vita a questo progetto? È nato da un’idea improvvisa o da un percorso più lungo?
E’ da un po’ che mi frullava in testa l’idea di scrivere qualcosa sul tema della contrapposizione generazionale. In questo periodo l’argomento è di grande attualità, ma se ne parla spesso con astio e in maniera aggressiva per via dei tanti temi spinosi ancora aperti.
Io volevo parlarne con dolcezza riportando il tutto a un piano “umano” parlando di sentimenti e di amore, di vita vissuta e dello scorrere del tempo. Spero di esserci riuscito.
Le coreografie aggiungono una dimensione simbolica al racconto. Come è nata l’idea di raccontare l’amore anche attraverso la danza?
L’idea è nata proprio dal voler affrontare il tema con dolcezza, ho voluto creare quindi una forte contrapposizione a tutta questa aggressività che si respira in questi anni. Il video ci riporta in una dimensione di amore “classico”, il parco, le statue…
Le ballerine che rappresentano un amore saffico adolescenziale sono in linea con tutto il resto, ho però scelto un tocco di modernità scegliendo ballerine di ballo moderno, secondo me è stata un’idea nel contesto audace ma che sembra funzionare, o almeno a me piace.
Devo dire che è la prima volta che in un video, complici le coreografie, sono un po’ didascalico, in genere lavoro per contrasto, ma in questo caso era quasi inevitabile, avrei dovuto scegliere tutt’altro tipo di idea ma questa, per questo brano, mi piaceva. Non ho partecipato alla scelta delle coreografie alle quali hanno pensato le ragazze, io ho scelto i luoghi.
Come è stata la sinergia con Manuela Limina? Avete lavorato insieme anche alla scrittura o solo all’interpretazione?
Con Manuela ci conosciamo da anni. Il brano è per un’interpretazione femminile, ho scelto lei perché, a mio avviso, ha le caratteristiche più idonee tra le cantanti che conosco. A lei è piaciuto il draft che le ho fatto ascoltare e da lì poi è partito il tutto.
Pensi che l’amore possa essere il ponte che supera le barriere generazionali?
Sì. Nonostante il contesto attuale porti a una contrapposizione continua e animata non dobbiamo mai perdere di vista l’aspetto umano, siamo esseri umani. Nessuno voleva o ha voluto tutto questo. Anche se vengono usati due linguaggi diversi nel testo, il messaggio è per un unico pubblico, è rivolto alle persone che vogliono riappropriarsi del tempo, dello spazio, del loro posto nel mondo non sottraendolo ad altri, anzi.
Sono sempre dell’avviso che i sentimenti non si sommano algebricamente ma portano sempre a qualcosa di nuovo e molto più potente di una semplice somma algebrica. Questo vale anche per sentimenti negativi, di attrito, ecco perché sono convinto che l’umanità oggi necessiti di un grosso riequilibrio.
Ci sono temi che non hai ancora esplorato nella tua musica, ma che vorresti affrontare in futuro?
Al momento penso molto a come la società moderna e la tecnologia ci stiano portando verso un isolamento forzato. le difficoltà che incontrano le persone nel mettersi in gioco in una relazione seria mi danno tanto da riflettere. L’economia influisce molto, ma non è l’unico fattore.
Potremmo vivere con molto, molto meno e riscoprire i veri valori della vita, ma sono scelte che portano anch’esse a una sorta di isolamento. Quindi sembra non vi sia via d’uscita, o sulla la ruota del criceto o a terra sembra che chi abita il mondo occidentale debba correre da solo. Il forte calo delle nascite ne è la prova. C’è tanto su cui riflettere.
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