di Chiara Orsetti
I Labrador hanno mosso i loro primi passi ufficiali nel mondo della musica lo scorso marzo, con la pubblicazione del primo singolo Anno all’estero, seguito dopo un mese dal secondo pezzo Milan Kundera e dal recentissimo Deficit dell’attenzione. Li abbiamo intervistati.
Il vostro nuovo singolo si chiama Deficit dell’attenzione, parla di punti deboli e desiderio di fuga dal quotidiano. Come è nata questa canzone? Avete scelto di pubblicarla in questi giorni in cui ci sentiamo tutti più fragili?
E’ un desiderio di fuga da un quotidiano che sta a tutti noi sempre più stretto, soprattutto in questi giorni, anche se l’uscita in tempi di Covid non era chiaramente programmata. Deficit dell’attenzione è un pezzo che parla di vecchi film, di vecchia musica, di domeniche pomeriggio che diventano domeniche sera, che poi diventano lunedì che vorresti rimanessero domeniche.
Di sorrisi scemi e di maglioni scollati, di odori e rumori di un sentimento nuovo che nasce. Un pezzo dolce ma con un retrogusto amaro. È una canzone che abbiamo in ballo ormai da un paio d’anni, riarrangiata più volte in modi e stili diversi, fino ad arrivare alla sua versione definitiva. È nata da una fantasticheria, forse da un bisogno di evasione. Chi lo sa davvero, in fondo, come nascono i pezzi?
Milan Kundera è invece il titolo del precedente singolo, anche questo di recente pubblicazione. Vi ha ispirato la lettura di uno dei romanzi dello scrittore? La letteratura in genere ha influenzato la vostra musica?
Il titolo vuole essere un omaggio a quello che consideriamo uno dei più grandi scrittori viventi. Il brano ha delle caratteristiche oniriche, quasi da sogno a occhi aperti, e parla di anime che si rincorrono davanti al bancone di un bar, di notti in cui tutto è possibile, di paure e seduzioni a ritmo di Depeche Mode. Lo scrittore è nominato in realtà solo una volta nel testo, in una similitudine volta a caratterizzare la leggerezza dell’animo di una ragazza.
L’insostenibile leggerezza dell’essere è un mostro sacro che ha segnato una generazione di lettori, ma credo che tutte le opere di Kundera abbiano qualcosa da raccontare. La letteratura influenza tutto: se non leggi non puoi scrivere. Ma c’è forse un abuso di citazioni e finto intellettualismo nella musica di oggi. Il nostro è solo un gesto d’amore. E perché no, un consiglio di lettura.
Parliamo di album. Arrivati alla pubblicazione del terzo singolo, cosa bolle in pentola? Avete già pensato all’uscita di un intero disco di inediti?
Abbiamo diversi lavori in corso, in stato più o meno avanzato, sufficienti una volta finalizzati a registrare e pubblicare un album, se volessimo. Ma non vogliamo correre e stiamo valutando pezzo per pezzo come muoverci. La pubblicazione in forma di singoli d’altra parte permette una flessibilità incredibile, sia nello stile dei brani che nelle tempistiche. Stiamo valutando, stiamo scrivendo, stiamo registrando: cosa ne verrà fuori è ancora presto per determinarlo.
Siete una band vicentina, e in questo momento sono diversi gli artisti che si affacciano al mondo della musica in quest’area geografica. Come vi sembra la vita culturale della vostra provincia? C’è collaborazione tra voi musicisti?
Nella nostra provincia, la cultura musicale indipendente è sempre stata sempre abbastanza forte. Nel senso che abbiamo avuto la fortuna di crescere con una fucina di band indipendenti che ha portato la cultura della musica, soprattutto quella punk e rock dentro alle nostre strade. Ultimamente, forse, questa situazione si è leggermente affievolita, vuoi perché la musica live ha perso di appeal perché sempre più “facile” produrre buoni prodotti anche senza dover obbligatoriamente fare gavetta, vuoi perché non c’è stato un gran ricambio generazionale volto a dare continuità a questo stile di vita. Al giorno d’oggi c’è stata una virata potente verso la produzione propria e le band sono sempre meno. Rimangono alcuni stoici del settore ma si possono quasi contare sulle dita di una mano. Tra i musicisti si cerca sempre di aiutarsi, soprattutto spingendosi a vicenda nei canali social, ma anche cercando di lavorare assieme per trovare date interessanti dove potersi magari esibire insieme. È un dare e ricevere sempre molto solidale ed equilibrato.
Il primo brano che ci avete fatto ascoltare si intitola Anno all’estero e di esperienze necessarie. Avete avuto modo di passare del tempo lontano dall’Italia? Quali sono i paesi che vorreste imparare a conoscere meglio per assorbire influenze, musicali e non?
Parlando di periodi passati lontani da casa… Sì, fortunatamente abbiamo avuto tutti e tre occasione di girare abbastanza il mondo. Non in maniera preponderante, ma sicuramente utile a farci provare esperienze utili alla nostra crescita sia personale, sia come musicisti. In particolar modo siamo tutti e tre legati alla West Coast americana e alla California, che abbiamo avuto modo di visitare, anche se in periodi differenti. In generale penso che gli Stati Uniti abbiano avuto, e abbiano tuttora, su di noi e sulla nostra generazione, un’influenza importante, non solo musicalmente. È anche da band americane pop-punk e punk-rock di fine anni ’90 e inizi 2000, con cui siamo cresciuti, che prendiamo sicuramente anche se inconsciamente ispirazione. Ma non dimenticandoci di chi è venuto prima: il mondo anglosassone ha segnato preponderantemente i nostri gusti, passando dal pop al rock, incarnato alla perfezione da band americane anni ‘70 e ‘80 come i Van Halen o i Toto, ma anche esponenti della New Wave britannica come i The Cure e i Joy Division/New Order. Personalmente inoltre (nd Riccardo) sono sempre stato molto affascinato dalla musica sperimentale scandinava e più generalmente il post-rock anglosassone, dal quale traiamo anche qualche ispirazione nelle sonorità. Dai Bjork e i Sigur Ros, dai Mogwai ai God is an astronaut, ma anche Calisto e I like Trains. Per me i paesi nordici rimangono ancora zona inesplorata concretamente ma che conto di poter visitare quanto prima.
Concludiamo la nostra intervista con la playlist di rito. Chiediamo agli artisti protagonisti delle nostre interviste di consigliarci qualche brano da ascoltare, magari che vi ha ispirato particolarmente o che semplicemente avete piacere di far conoscere ai lettori.
Sicuramente consigliamo ai lettori l’ascolto di band retrowave come i The Midnight, gli FM-84 e i Gunship, acclamati internazionalmente ma forse ancora sottovalutati. Altra band molto interessante sono i Flor, che hanno delle sonorità davvero interessanti unite ad un ascolto abbastanza semplice, ma non per questo scontato. Come artista nostrano, nel mare magno di grandi artisti della scena indie e pop sulla cresta dell’onda, consigliamo invece il bravo Boreale.