Sono nati nel 2008 e non hanno mai smesso di girare come trottole: i Dancing Crap hanno pubblicato di recente Cut it Out, un album nel quale hanno convogliato le loro ormai numerose esperienze, anche internazionali, per un disco che suona molto contemporaneo (qui la recensione di TraKs). Ecco la nostra intervista.

Dopo anni piuttosto movimentati, questo disco sembra segnare un momento di stabilità per la band. Con quale spirito avete affrontato la lavorazione di “Cut it Out”?

Ronnie – Tutt’altro! Gli attuali chitarristi non sono quelli che hanno suonato nel disco. Uno ha lasciato in fase di registrazione, l’altro l’abbiamo sostituito a disco finito. Spirito? Semmai birra, vino e sambuca.

Bobby – Dopo anni movimentati continuiamo a gestire il movimento, l’unica stabilità ottenuta è il rapporto artistico che lega me e Ronnie.

Una parte molto interessante del vostro sound è costituita da una “sostanza” molto robusta ma anche da molte “sporcature”, giochi e sovraincisioni: qual è il vostro modo di costruire le canzoni?

Ronnie – Bisogna fare delle distinzioni. Le canzoni dell’album sono state scritte, a eccezione di Sociopathic Circus, Morbid Mary e Needless, da me alcuni anni indietro e sono: Obscure, Spotlight, Sam nelle quali è intervenuto Bobby aggiungendo nuove porzioni musicali. Burned Down City Soul e The Sick Ones inoltre, che non hanno risentito di ritocchi a livello di scrittura. Anche Strange Kind Of Connections è mia ed è la più recente, ma è stata stranita parecchio da Bobby. Da qualche mese a questa parte con Bobby abbiamo sviluppato un feeling musicale che ci sta permettendo di mettere in cantina diverso nuovo materiale in modo totalmente istintivo, nel quale stiamo integrando gli altri ragazzi.

Bobby – Per ciò che riguarda l’album, Ronnie ha scritto e io ho sporcato. Attualmente, come accennava Ronnie stesso, scriviamo e sporchiamo allo stesso tempo.

Come nasce “Sociopathic Circus”?

Ronnie – Da un riff di uno degli ex chitarristi che tendeva a dare alla canzone un taglio eccessivamente metal, poi siamo intervenuti io e Bobby, e siamo ricorsi ai nostri antichi rimedi sciamanici per far prendere alla canzone una strada che al momento neanche noi stessi siamo in grado di definire.

Dancing Crap: la parte costruttiva

Un paio d’anni fa avete trascorso alcuni mesi suonando in diversi locali di Londra: quali riscontri avete avuto? Cosa vi ha regalato quell’esperienza? Pensate di replicare esperienze simili in futuro?

Ronnie – Di quella esperienza rimaniamo solo io e Bobby. Io ho compreso che la strada era giusta, ma non tutti i compagni del viaggio.

Bobby – Senza quell’esperienza probabilmente non avremmo potuto realizzare ciò che stiamo realizzando. Critiche taglienti e veritiere circa l’approccio alla realtà musicale che vivevamo. Io e Ronnie siamo stati gli unici a coglierne la parte costruttiva e abbiamo compreso che fosse ora di continuare con nuovi elementi.

Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?

Ronnie – Chitarre Gibson e Kramer, basso artigianale, batteria Pearl e per quanto riguarda il resto tutto ciò che offre Wolf Recordings Studio di Agoge Records.

Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimate di più in questo momento e perché?

Ronnie – Chiunque non si prenda troppo sul serio.

Bobby – Tutti quelli che non partecipano ai reality show e non vogliono far parte di un certo tipo di business, ma che al contrario si ostinano a proporre la propria arte con pochi compromessi rispetto al luogo da cui provengono. E ovviamente, come dice Ronnie, chi non si prende troppo sul serio.