leo pari 2

Molto synth pop, molti anni Ottanta ma soprattutto molta qualità nel nuovo disco di Leo Pari, Spazio (recensito qui). Abbiamo rivolto qualche domanda al cantautore.

Questo disco rappresenta una svolta notevole rispetto ai tuoi lavori precedenti: perché hai avuto questa esigenza?

Avevo intenzione di fare qualcosa di completamente diverso rispetto agli album precedenti, per molti motivi: intanto una passione per i sintetizzatori che da anni coltivo anche con manie collezionistiche.

Poi la voglia di sperimentazione, è bello misurarsi in ambiti diversi della stessa professione, che in questo caso è scrivere e arrangiare canzoni. Ci sono artisti che sono molto apprezzati per la loro coerenza di “sound” e per tirare fuori sempre il disco che i fan si aspettano; viceversa altri hanno fatto dell’imprevedibilità e del cambiamento il loro punto di forza. Credo di appartenere più a questa seconda categoria.

Come nasce la scelta (programmatica?) di fare riferimento alle sonorità degli anni ’80 per “Spazio”?

Volevo fare un disco autobiografico, che raccontasse della mia infanzia e adolescenza. Piuttosto che raccontarla a parole nei testi, ho pensato che fosse molto più interessante raccontarla attraverso i suoni che ho assorbito in quegli anni, principalmente da musiche di telefilm e sigle di cartoni animati giapponesi. “Spazio” dal punto di vista musicale è una specie di colonna sonora di qualche film di fantascienza prodotto in pieni anni ’80.

Come nasce “I piccoli segreti degli uomini”?

L’idea è quella di raccontare l’irraccontabile, le chiacchiere da bar o da spogliatoio di calcetto che gli uomini fanno tra di loro. Esiste un mondo di pensieri e di atteggiamenti che nessuno si sognerebbe di condividere con la sua fidanzata, anche se probabilmente lei sa già tutto e conosce perfettamente il modo di ragionare del suo uomo. Però è quel detto-non detto che tutti preferiscono evitare, quei discorsi che si sanno, ma non si fanno. Credo che l’animo degli uomini, così come quella delle donne, possa raggiungere livelli di pochezza entusiasmanti, siam fatti così.

Leo Pari: calore del sound e macchine meravigliose

leo pariPuoi raccontare la strumentazione principale che hai utilizzato per suonare in questo disco?

Buona parte del calore del sound di Spazio è dovuto al banco analogico SSL attraverso il quale sono passati tutti gli strumenti registrati, dal primo all’ultimo. Batteria e basso sono stati suonati dai musicisti, poi abbiamo fatto in modo che somigliassero a dei suoni elettronici, filtrandoli su nastro e sommando il suono originale a dei samples di drum machine e bassline. I veri protagonisti dell’album però sono i sintetizzatori, ne abbiamo utilizzati davvero molti.

Io e Sante Rutigliano, che è stato con me il produttore di Spazio, abbiamo passato 6 mesi insieme a un Prophet 8 e un Roland Juno-106, programmandoli in maniera dettagliata e cercando di tirare fuori le sonorità che avevamo in mente. Oltre a queste due macchine meravigliose abbiamo usato un Mellotron, un Moog Prodigy, un vecchio sintetizzatore italiano Siel, un paio di tastiere Nord, un Wurlitzer e una stringmachine della Roland.

Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimi di più in questo momento e perché?

I miei preferiti in questo momento sono Matilde Davoli e Godblesscomputers, entrambi esprimono nel loro stile un’elettronica di altissimo livello.

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