Un disco molto “forte”, intriso di sapori siciliani senza essere provinciale, ricco di pathos senza essere pessimista: Roberta Gulisano, con l’aiuto e la produzione di Cesare Basile, ha pubblicato Piena di(s)grazia (qui la recensione), e noi le abbiamo rivolto qualche domanda in merito.
Come hai affrontato il lavoro su “Piena di(s)grazia”, il tuo secondo album? Hai cambiato approccio rispetto al tuo esordio?
“Destini Coatti” è stato un lavoro di testa, “Piena di(s)grazia” un lavoro di pancia: racchiude brani riposti nel cassetto che aspettavano l’occasione buona per essere suonati e brani scritti tra una registrazione e l’altra.
Il progetto iniziale era più ampio, ma in studio ha preso una forma più snella e nerboruta. Il mio approccio alla scrittura musicale è stato meno “intellettuale”, più istintivo rispetto al lavoro precedente, sia per le tematiche che volevo affrontare, sia per un bisogno personale di ritrovare il profumo delle essenze che mi appartengono.
Da un certo punto di vista, ascoltare il tuo disco è come leggere un giornale che parli di storie, per lo più siciliane, di oggi e di ieri (ma sempre con riverberi sul presente). Vorrei sapere come nascono i tuoi testi e se scrivi di getto oppure si tratta di una rifinitura di lima particolarmente laboriosa.
“Racconta il tuo villaggio e sarai universale” diceva Tolstoj. Basterebbe leggere fra le righe e vedere storie ordinarie a ogni latitudine: il Muos-tro, potrebbe chiamarsi “Tav” ; Maria potrebbe chiamarsi Fatima o Simone; la Brigante Michela potrebbe appertenere ai peshmerga Curdi.. I miei testi sono generalmente scritti di getto, ma sarei un artigiano scadente se nn lavorassi di pialla e di lima a dovere, cercando di far funzionare bene tutto l’insieme del progetto.
Come sono nati incontro e collaborazione con Cesare Basile?
Il primo disco di Cesare Basile lo ascoltai dall’autoradio di una Clio con mio cugino che me lo propinò: era “Gran Calavera elettrica”. Insomma, conosco i suoi dischi da quando ero ragazzina. Quando ho finito i provini di “Piena d(s)grazia” ho pensato che bisognava metterlo nelle giuste mani, e quelle mani erano sicuramente le sue. A lui il lavoro è piaciuto e in pochi mesi lo abbiamo tirato su. Una collaborazione che è la realizzazione di un piccolo sogno.
Roberta Gulisano, la storia dei vinti
Come nasce “La Brigante”?
“La brigante” è Michelina De Cesare, una delle più famose brigantesse dell’epoca post-unitaria. Si dice di loro che fossero belle ed efferate, sicuramente coraggiose. La Storia scritta dai vinti dovrebbe essere letta insieme a quella scritta dai vincitori per vedere la realtà, l’oggi, con mente e occhi più lucidi e razionali.
Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimi di più in questo momento e perché?
“Artisti” presuppone una vasta gamma di mestieri, quindi restringo il campo ai musicisti! Premetto che io ascolto poca musica (nel senso “edonistico” del termine), e che il campo della musica indipendente italiana è così ampio che conoscerlo a fondo è una operazione complessa.
Tra gli indipendenti che più stimo (escludendo quelli che hanno abbondante storia da raccontare tipo Basile ovviamente, Donà, Fiori e altri noti), Antonio Di Martino (che io reputo IL cantautore dell’ Italia di oggi , la sintesi perfetta della storia musicale da cui veniamo), Simona Norato (per potenza espressiva, originalitá di scrittura e perchè è un animale da palco) , Gnut (una voce che non ce ne sono molte in giro così) , Carmine Torchia (perché è un filosofo e un poeta, le sue canzoni sono disegni surrealisti), Katres (perché racconta emozioni senza vergogna).
Ovviamente questi sono quelli che mi accompagnano in macchina, che conosco a memoria! Ce ne sono molti altri che magari ascolto meno, ma non per questo non ritengo meno validi. Ci vorrebbero più femmine però, in questa musica indipendente… Che dite?!