Due anni dopo l’esordio con Anatomia Cristallo, gli Iside si ricompattano e pubblicano il proprio secondo album, In Memoria. Un disco molto pop, molto adolescenziale, umorale e spesso disperato. Quindi perfetto per quest’epoca.
Iside traccia per traccia
Si apre con i falsetti di Ricordati il mio nome, che introduce rapidamente agli umori (neri) del disco, partendo piano e allargando poi le sensazioni.
Dolce e sofferta, ecco poi Crocefisso, che espone i propri fantasmi mentre esprime anche una certa delicatezza e molti legami con l’infanzia, a dispetto di una certa durezza di concetti.
Ritmi più alti ma mood sempre molto addolorato quello di Universo, che pure è ricca di promesse e premesse. L’intimità di un colloquio e di un confronto continuo offre speranze che si rispecchiano in sonorità un po’ più aperte.
Ma il lutto torna il sentimento dominante in Lasciatemi piangere, una richiesta di libertà nella disperazione, che avvolge tutto e si porta via un brano ovattato ma senza via d’uscita.
Risale il ritmo, ma l’umore non tantissimo, in DNA, che però mostra qualche tentativo di rinascita, con suoni che pescano almeno in parte dalla dark wave: “Oggi mi vorrei ammazzare, non posso negarlo”.
Sberla richiede un modo per stare bene, di fronte a una vita che va a puttane. L’uso degli archi in questo brano è più vibrante che aereo. Un Compleanno che prelude a un disastro si celebra poco dopo: “Scusa se sono nato triste” e “io vorrei svegliarmi senza avere paura degli altri” sono i due versi simbolo del brano.
Accelera e sale con il livello di richieste Ansia, che racconta di sogni malati e di impazzimento, di guerre di baci, usati come ansiolitici. Ma evidentemente non basta perché poi si passa agli Incubi, che parte cantata a cappella, per poi perdersi in sonorità variabili.
Prevale l’acustico su Mommy, una sorta di richiesta di perdono e di ringraziamento, su toni ancor più intimi di quelli medi del disco. “Sono venuto al mondo un brutto giorno/di me non ce n’era bisogno”: diciamo che Funerale non parte proprio con ottimismo, e da lì in avanti si peggiora ulteriormente. Delusioni esistenziali e gergo adolescenziale si mescolano in modo fluido in un pezzo, evidentemente, molto funereo.
Si chiude in dolcezza con Addio, che decide di usare toni morbidi anche quando manda tutti affanculo.
Passato un po’ sotto silenzio a causa delle diecimila uscite recenti, il disco degli Iside in realtà si ritaglia spazi di interesse perché la band conferma doti già note di scrittura, a dispetto di un umore plumbeo come non mai. Ma l’adolescenza (di qualunque età) filtrata nei versi di questo disco può sicuramente raggiungere pensieri e sentimenti di un pubblico interessato.