La ricerca del divino dei Koomari avviene in Movimento: nell’ep d’esordio della band il richiamo spirituale non conosce parole, solo corpi mossi dal funk più esoterico. Il primo ep dei Koomari si dispiega dinamicamente, contro l’immobilità della noia e della morte. Quattro tracce nate dalla sana improvvisazione delle jam session in cui i membri della band, senza sedersi a tavolino, si sono accordati trovando un’intonazione comune.
Il marchio di fabbrica dei ragazzi di Casalmaggiore è un funk che esplora la sua dimensione più esoterica e spirituale. Se sostituiamo le parole con le note di una chitarra durante una conversazione, otterremo Movimento, unico rito in grado di evocare qualcosa che sembra non esistere più: la spiritualità. La raccolta è anche l’assoluzione a un dovere intrinseco e naturale che ha portato una serie di persone a unirsi attorno a un’idea condivisa. I testi, ricchi di moti d’animo, rimandano a nuove forme di preghiera new-wave, a tratti ironiche, ma non per questo meno ispirate.
Koomari traccia per traccia
Dopo un’intro quasi esoterica, ecco che si parte con il ritmo e si concretizzano le influenze funk: Magico è l’evocazione attraverso la pronuncia del nome, in una rispondenza in cui tutto si tiene.
Più scintillanti le atmosfere di Pietà, che fa leva su qualche falsetto, qualche riferimento disco, qualche passetto sul dancefloor.
Fluida e piuttosto notturna, ecco poi Cerimonie, guidata da un basso forse fretless, sicuramente capace di disegnare linee interessanti. A chiudere ecco Koomari, pezzo eponimo, omonimo, forse toponimo che abbraccia con calma e cautela, avvolgendo di dolcezza il finale dell’ep, prima di un’avventura tropicale che chiude il discorso.
Troppo breve? Troppo breve. Ma molto ben fatto il nuovo ep dei Koomari, che si presentano sulla scena ora in modo compiuto grazie a quattro pezzi ottimamente suonati e scritti, lasciando un’aura di qualità alle loro spalle.