I Kozminski pubblicano Sempre più lontani, ep da sei canzoni che rappresenta il quarto lavoro della band. Abbiamo rivolto loro qualche domanda.
Volete raccontare la storia dei Kozminski?
Suoniamo insieme da 13 anni e il nostro viaggio artistico che ci ha portati oggi al quarto album in studio – Bausan è del 2007, Kozminski del 2009 e Il primo giorno sulla terra del 2013 – ha come guida un’amicizia profonda unita all’importanza che la musica riveste nelle nostre vite.
Anche se abbiamo influenze molto ‘simili’ ci sono pochissime band che piacciono a tutti e quattro: si va dal rock alternativo degli Wilco (alternativo a cosa poi non l’abbiamo mai capito…), all’eclettismo di Yann Tiersen, passando per il genio di Elliott Smith (a cui nel vecchio disco avevamo dedicato anche un brano), fino a concludere con il divertimento degli Arcade Fire.
Chiaramente, c’è anche tutto il filone cantautorale italiano a cui Luca e Federico si rifanno nella stesura dei pezzi, più o meno involontariamente (citiamo i maestri Dalla e Jannacci ma anche il dissacrante Bobo Rondelli…)
Avete appena pubblicato Sempre più lontani, il vostro nuovo lavoro. Su quali suggestioni, ispirazioni, emozioni è basato?
Dopo la precedente esperienza de Il primo giorno sulla terra, siamo passati da un lavoro con un mostro sacro dell’underground italiano come Amerigo Verardi che ci ha prodotto e ha valorizzato ogni nostro piccolo dettaglio artistico, quasi agendo da restauratore o cesellatore, a uno essenziale e diretto, in cui ci siamo autoprodotti con l’aiuto in registrazione e mixaggio di Mauro Abbatiello. Così è nato Sempre più lontani. E’ forse un processo realizzativo più maturo, consapevole e anche permeato da una certa concretezza.
Citate il matematico pisano Leonardo Fibonacci come “nume tutelare” del viaggio mediterraneo rappresentato da questo disco. Che cosa vi lega a lui e alla sua celebre serie numerica?
E’ una personalità che ci ha sempre affascinato, sia per l’influsso che ha avuto nella cultura occidentale ma anche per aver in qualche modo svelato i pattern che legano discipline o ambiti diversi tra loro, un po’ come dire che esiste un filo conduttore nelle cose che il più delle volte non è così immediato scovare. E’ questo filo conduttore che forse inconsapevolmente ricerchiamo nelle nostre canzoni.
C’è anche una cosa un po’ più da nerd dei numeri che ci lega al buon Leonardo, ovvero il concetto della sua celebre serie lo ritroviamo riadattato anche nel numero di anni tra un nostro disco e il successivo. Due anni sono passati tra il primo e il secondo, quattro anni tra il secondo e il terzo album, sei tra il terzo e il quarto lavoro. Aspetteremo dieci anni per il quinto album dei Koz? :)
Dal punto di vista musicale invece, quali sono stati i dischi che avete ascoltato di più in questo periodo?
Citiamo gli ultimi lavori di Massimo Volume e Virginiana Miller – per noi dei numi tutelari nel panorama italiano – ma Raffaele ci dice che non dorme la notte per Nocturnal koreans dei Wire e per Destroy All Astromen! di Man or Astro-man?
Come nasce Il confine?
Il confine è un pezzo che prende spunto da un fatto storico, la domenica delle scope: una domenica d’agosto nel 1950 il confine tra Yugoslavia e Italia si apre eccezionalmente. Parenti, amici, vecchie fidanzate per un giorno migrano pacificamente da una Nova Gorica ancora in costruzione a Gorizia. Diremmo oggi che è una domenica di libertà e shopping tra i caffè di Gorizia. Le persone hanno con loro anche degli oggetti di uso comune da barattare, una bottiglia di vino è scambiata per una scopa.
Non a caso nella nostra canzone, si fa anche riferimento alle persone confinate nei manicomi, sempre negli stessi luoghi, qualche anno più tardi. Ma questi confini raccontati dalla storia fanno più rumore di quelli che ogni giorno manteniamo con le persone vicine a noi, i confini sono anche nei nostri salotti, tra un orto e uno vicino, tracciati in maniera spesso arbitraria come accadde alle popolazioni del goriziano subito dopo la guerra. Ognuno di noi cerca e ha bisogno di quella domenica di agosto nelle relazioni.
Da che cosa vorreste essere “Sempre più lontani”?
Essere o andare sempre più lontani? Non abbiamo inserito un verbo prima di ‘Sempre più lontani’, proprio per lasciare aperta l’interpretazione a chi ci ascolterà. Tuttavia, tra essere sempre più lontani e andare sempre più lontani, noi scegliamo la seconda accezione. Non sappiamo più dove siamo musicalmente finiti, ma non è un viaggio senza bussola il nostro, né una voglia presuntuosa di guardare le cose da lontano, piuttosto un’esortazione a esplorare nuovi luoghi e spazi grazie alla musica che facciamo. Non ultimo, il titolo è anche una semi-citazione di Sempre più vicini dei Casino Royale, che a metà degli anni Novanta sembrava a tutti una gran figata.
Kosminski traccia per traccia
L’ep si apre con Respirare, traccia con ritmi rock, una faccia pop e un testo curato.
E’ una miscela che, peraltro, caratterizza un po’ tutti i brani del disco. Per esempio Il confine, brano agile e con un drumming rapido e incisivo. Salta fuori anche una chitarra elettrica robusta e un po’ sorprendente, in coda.
Piuttosto dialettica e quasi recitata Un letto di macerie, che ha velocità sostenute, con qualche sensazione tra new wave e post punk nel finale.
Lenta, meditativa e piena di ricordi, a dispetto del titolo, Non ricordo niente.
C’è la chitarra a dettare tempi e modi di Venerdì, intensa e corale, con la voce che si alza ma un po’ per volta, graduale come una settimana.
Si chiude con Finale, in cui cambia la voce ma non l’intensità sonora, con un flusso continuo e costante.
Bella l’energia trasmessa dai Kozminski, che condensano nelle sei canzoni suoni debitori dell’alternative anni ’90 e una verve nella scrittura piuttosto personale.
Gruppo Fantastico :D