Cinque anni dopo Vivere ci stanca, Salvo Ruolo torna con un nuovo lavoro, frutto di anni di studio sulla storia della Sicilia a cavallo fra Ottocento e Novecento e sulla sua lingua, l’antico idioma siciliano oggi mutato e in larga parte scomparso.
Canciari patruni ‘un è l’bittà (“Cambiare padrone non è libertà”) è prodotto da Cesare Basile. In uscita per Controrecords, contiene sette storie che fanno riferimento al Risorgimento e al periodo successivo, visto però dalla parte dei vinti.
Salvo Ruolo traccia per traccia
Malutempo è la prima traccia, che su una base di blues acustico appronta il primo affresco del disco. Si parla, in dialetto, di briganti, di diavoli e di tempi cattivi.
A Buttana si costruisce su un movimento vivace e acustico.
Re’ pitu si immerge in ritmi molto più calmi e tocca corde di intensità più nascoste. Il Re’ pitu era il tradizionale lamento funebre passato dalla Grecia classica a gran parte dei popoli mediterranei.
Buttitta e Balistrieri per la prima volta si incammina sui sentieri della musica tradizionale, anche se il risultato è affine a Capossela, ma con poca ironia e molto impeto.
A seguire si torna a un discorso molto più minimale con Mariuzza Izzu. Molto meno minimal il discorso di Passananti, il cui passo cadenzato è affiancato dalla chitarra elettrica. Chiude il cerchio Picchì Brisci Accussì Notti, che torna al blues acustico, con una ninna nanna dai risvolti inquietanti.
Quale che sia la propria visione del Risorgimento, è interessante il disco e l’operazione che sta alle spalle. La traduzione dei testi focalizza le ambiguità di un periodo celebrato spesso in modo acritico, ma con zone d’ombra vaste e inquietanti. Soprattutto quando ad agire in prima persona sono stati i Savoia.
Dal punto di vista musicale sono state fatte scelte attente e condivisibili. La quasi totalità dei suoni sono in acustico, e il senso complessivo porta a un folk epico delle origini, in stile Woody Guthrie, particolarmente adatto al progetto.