Gli España Circo Este sono più o meno come te li aspetti: arrivano all’esordio ma hanno già 300 concerti alle spalle, mescolano ritmi dell’Est con quelli dell’Ovest (e del Sud) del mondo, usano fisa e violini, ma anche chitarre quando serve.

Dopo due ep, la band giunge a un lp intero che si chiama La Revoluciòn Del Amor, undici tracce che accostano spesso musica ad alti tassi di allegria con testi che parlano di realtà per niente felici.

España Circo Este traccia per traccia

La revoluciòn de l’amor introduce al tono scanzonato del disco, ma già nel titolo e nella sostanza del brano contiene le due tracce da seguire: l’attenzione alla realtà circostante e il sentimento, seppur preso con la giusta ironia.

Si saltella con gusto ska in Margherita Mia, che a dispetto del tono ridanciano è dedicata alla libertà dal consumismo, tanto è vero che si chiude con un brano immortale dedicato un presidente della Repubblica italiana che non ha trovato eredi, Sandro Pertini, il quale spiega come un uomo stretto dalla necessità non sia mai veramente libero.

Quelli del bau bau prosegue sulla stessa linea: la musica è allegra, il testo parla di politica sotto mentite spoglie. Tra la fisarmonica e il dub, tra il centro e il Sudamerica e i Balcani, gli elementi mescolati nel frullatore sono tantissimi, ma il risultato è compatto e spesso molto duro.

Si abbassano i toni con Di un Paese, in cui si innesta la chitarra acustica per aggiungere un tono malinconico che guarda verso est. Si precipita nel dub con La Fame e la Sete, la cui tensione si scioglie nella seguente A fuego lento torna su toni vivaci e gioca con ritmi, percussioni e violini pur costituendo la continuazione del brano precedente.

Jeky Chaky si disegna su ritmi medi, mentre Città Cannibale è più incisiva e benché utilizzi l’onnipresente fisarmonica come trait d’union tra le parti della canzone, raggiunge spesso livelli di aggressività piuttosto alti, soprattutto se paragonati al resto del disco.

Ci si sposta apertamente nell’Est Europa con Democrázya, che però nel testo, pur facendo sostanzialmente un giro del mondo, ci faccia scoprire come certi modelli di democrazia siano molto più vicini di quello che avremmo pensato.

Tutte le parole riprende i temi di Margherita mia e di altri brani del disco, approfondendo il discorso con il dub, mentre la dolce La Revoluciòn es l’Amor chiude il disco con un senso di pacificazione relativa.

Il disco è ricco di colori, variegato come un gelato, ma intenso quanto a contenuti e pieno di idee. Un esordio che può lasciare un segno, pur non inventando niente di completamente nuovo, ma utilizzando le contaminazioni con intelligenza.

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