Nato durante il “Beautiful monsters Tour 2018”, Light Blue è il nuovo album dei Levy (LAYELL Label/iMusician). Otto tracce che testimoniano la crescita, anche di pubblico, della band.
“Light Blue”, il vostro nuovo disco, arriva dopo lunghe tournée: che tipo di sensazioni avete cercato di catturare?
E’ un disco nato dall’esperienza live e da tantissimi ascolti, volevamo essere sia contaminati da diverse correnti musicali sia mettere la nostra firma sull’intero lavoro. La sensazione generale è una voglia di riscatto, una nuova consapevolezza e l’inizio di una rivoluzione interiore destinata a esplodere, magari col prossimo disco, chi lo sa.
Mi sembra piuttosto evidente il tentativo di cambiare spesso sonorità pur rimanendo in un ambito rock. Qual era il progetto sonoro iniziale del disco?
Noi abbiamo sempre questa anima rock nel profondo, poi però amiamo suonare e ascoltare di tutto. Oggi molti dicono che il rock è morto, forse nella sua forma classica, nelle sue chitarre prepotenti e sferraglianti sì. Ma credo che tornerà presto sotto un’altra veste molto presto, noi intanto siamo qua a continuare il nostro percorso.
Il progetto iniziale era quello di fare a tutti i costi un disco che “stupisse”, poi ci siamo resi conto che non era una buona cosa soltanto “stupire”, al contrario dovevamo proporre noi stessi e quello che la gente apprezza dal palco. Energia, ricerca sonora, atmosfere coinvolgenti, visceralità sono e rimangono peculiarità dei Levy. E’ questo quello abbiamo successivamente voluto dare al nostro pubblico? Perchè cambiare identità in nome della novità a tutti i costi? Allora ci siamo direzionati sulla Qualità, senza rinunciare a sperimentare nuovi luoghi musicali.
Dal punto di vista testuale invece potete raccontare quali sono i concetti base di “Light Blue”?
Il fatto di essere diventato papà da poco mi ha influenzato e non poco nella stesura dei testi. In passato ho scritto testi arrabbiati, di denuncia, poi ho capito che oltre alla rabbia serve anche speranza, perché l’uomo è fragile e ha bisogno ogni giorno di motivazioni e di essere “spronato” a essere migliore. Il futuro poi lo stiamo costruendo ora e non vorrei che il domani di mia figlia sia buio e disperato.
Come nasce “The Battle of Everyday”?
La mia preferita, per testo e musica. E’ nata quasi per sbaglio durante una sessione di prove dopo il tour UK. Suonando in jam session abbiamo tirato dentro al brano atmosfere psichedeliche e disco funk, poi l’abbiamo condito con un po’ di ingredienti segreti. Insomma una ricetta, a cui poi ho messo su un testo che davvero mi rappresenta. La battaglia di ogni giorno… Ho cantato quello che in realtà faccio. Muoio la sera stanco e la mattina risorgo per affrontare una nuova battaglia; qualche volta si vince, qualche volta si perde. E’ la vita, e va bene così.
Tra le vostre varie esperienze dal vivo c’è un tour inglese. Che tipo di esperienza ha rappresentato per voi?
Be’ un’esperienza indimenticabile, lontani da casa ma carichissimi. Pubblico e music business completamente diversi, eravamo abbastanza preparati, ma molte volte devi affidarti alla pura passione per la musica per vincere le paure. Ha funzionato e anche bene, abbiamo costruito anche in UK una fan base in crescita ma davvero affezionata, è la cosa più importante.
La qualità, oggi, è forse la scialuppa di salvataggio rispetto agli scenari mediocri della musica italiana. Qualità del progetto musicale, qualità del messaggio e della comunicazione e qualità del pubblico più importante dei numeri dello stesso. Questo ci salverà. In UK se ne sono accorti, in Italia stiamo facendoci scoprire ogni giorno.
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