1966250_10151908213771020_1994684759_oUn cambio di formazione, oltre quattro anni dall’ultimo album e ora un lavoro nuovo, Aut aut: la band è Il nero ti dona e ha pubblicato un disco robusto, capace di cantare l’attualità e il mondo circostante (qui la recensione). Ecco la nostra intervista con la band.

Sono passati sei anni da quando avete iniziato a registrare il vostro primo disco: quanto è cambiata la band in questo periodo e che tipo di periodo fotografa Aut Aut?

Siamo decisamente una band nuova. Il cambio anche di un solo componente, il basso, implica ripartire da zero, rivedere i vecchi pezzi e cambiare approccio per la realizzazione di quelli nuovi. Francesca e Andrea hanno stili diversi e questo influisce sul modo di suonare dell’intero gruppo.

Non sappiamo dire se siamo cambiati in meglio oppure in peggio, siamo semplicemente diversi. Siamo cambiati come persone, abbiamo qualche anno e qualche esperienza in più, nuovi ascolti, un’attenzione maggiore per le cose che ci circondano e puntiamo meno i riflettori su noi stessi.

Aut-Aut nasce durante questa fase di cambio componente e questo ne ha ritardato sicuramente la gestazione. Resta comunque un disco spontaneo a cavallo tra l’intimismo e il politico/sociale.

C’è un’alternanza rabbia/depressione per tutto il disco e a volte
anche all’interno di una stessa canzone: avete accentuato
volontariamente questo aspetto magari con la scelta della tracklist oppure è stato un frutto spontaneo del vostro lavoro?

Le canzoni sono nate spontaneamente e forse quest’alternanza rappresenta proprio il nostro marchio di fabbrica. La tracklist è stata scelta tenendo conto di questa nostra caratteristica, per non nasconderla.

Ci soffermiamo sugli aspetti meno facili da digerire della vita. La rabbia è giustificata dai tempi difficili che stiamo vivendo: serve una scossa, una sana e pacifica rivoluzione.

La depressione, come dici tu, è in parte causata dagli stessi motivi e in parte scaturisce dal nostro modo di sentire e vivere certe emozioni. Con poca leggerezza.

Mi raccontate perché avete deciso di dedicare una canzone alla figura di Khaled Saeed, che ha sostanzialmente dato il via alla primavera araba in Egitto e come si è sviluppata la canzone?

Perché riguarda tutti. Khaled potrebbe essere ciascuno di noi, anche se non viviamo in Egitto.

Nel nostro paese ci sono stati episodi simili (attenzione a non fare disinformazione per cui di tutta un’erba, un fascio: come in ogni istituzione, ci sono le eccezioni), vedi il caso di Federico Aldrovandi o di Stefano Cucchi ma la differenza sta nel fatto che in Egitto il crimine commesso è in un certo senso “politico”.

Infatti, il regime totalitario di Mubarak (lo zio di Ruby!) non si è mai trincerato dietro una finta democrazia e ha dato alla polizia poteri sconfinati pur di conservare l’ordine costituito. Noi rischiamo in maniera diversa ma con gli stessi tragici effetti.

La musica è nata in modo spontaneo e portava con sé qualcosa di quel mondo lì, così il testo si è scritto da solo (cercando di descrivere prima un senso di impotenza e poi di reazione) e quando si è materializzato, ci siamo chiesti se fosse giusto “usare” questo nome e cognome per parlare di libertà senza retorica e per invitare a riflettere su quello che accade intorno a noi.

E giusto lo è perché vedere in faccia le cose può servire a tutti per migliorarsi in quanto individui e cittadini del mondo intero e non solo del posto in cui si vive. Può sembrare pretenzioso ma dovrebbe essere la cosa più semplice da fare.

Un altro testo di grande spessore mi sembra quello di “Mare libico”: come nasce?

Ringraziamo per il bel complimento. Quando al telegiornale si susseguono sempre le stesse notizie e le immagini forti di bare e bare contenenti i corpi di donne, uomini e bambini ti viene da pensare al perché certe cose succedano ancora.

Non si può essere indifferenti al dolore degli altri. Ognuno è misura del proprio dolore ma certe scene ti fanno raccapricciare la pelle. Anche qui siamo stati cauti a non approfittare di queste notizie d’attualità tirando fuori la colonna sonora giusta al momento giusto.

Testo e musica cercano con tutto rispetto di ricordare che stiamo parlando di persone che provano sentimenti e non di numeri o cose. Non abbiamo voluto parlare di Mare Nostrum o della Bossi-Fini e sicuramente il problema è vasto e complicato da affrontare.

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