L’intervista: Gabriele Bombardini, la vera rivoluzione è culturale #TraKs
Da dove nasce la scelta di “camminare da solo” invece che di, per esempio, mettere in piedi una band?
Una domanda “tecnica” (e un po’ pessimista): che cosa prova un musicista di lungo corso, laureato al DAMS, che ha studiato con Scofield, Metheny eccetera, a sapere che i propri sforzi sonori saranno spesso ascoltati attraverso streaming, perdendo per strada parte del lavoro di precisione fatto in studio? Ci sono rimedi per questo tipo di fenomeno, ovvero: si può scrivere musica tenendo conto del mezzo con cui sarà ascoltata?
In effetti un buona parte delle nuove generazioni non conosce l’esperienza di un ascolto musicale di qualità. Gli mp3 che trovi in rete sono quasi sempre tecnicamene scadenti.
Gli strumenti di riproduzione (lettori, telefoni, pc, cuffie…) non garantiscono un ascolto adeguato. Ascoltare musica non è più un’esperienza assoluta ma è funzionale ad accompagnare altre attività (correre, studiare, guidare…)
Una volta si attendeva con smania l’uscita di un certo disco, ci si chiudeva in camera e lo si asoltava! Io cerco di fare le cose meglio che posso e con il massimo impegno. Spero che chi si avvicina alla mia musica lo faccia con quella curiosità che porti a un ascolto (e magari un riascolto) attento e coinvolto.
Penso sia solo una questione di tempo, la tecnologia di trasmissione dati darà la possibilità di ascoltare e vedere files a una risoluzione maggiore e quindi a una qualità certamente superiore.
E’ banale dirlo ma è l’uso che si fa della tecnologia a fare la differenza. E’ la stessa tecnologia che mi permette di produrre la mia musica nel mio studio a casa o che mi permette di distribuirla direttamente in tutti gli stores digitali del pianeta. La vera rivoluzione è culturale, lavorare per stimolare gli ascoltatori, per incurosirli.
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