Una lunga carriera alle spalle e un disco, Sessantanoveincerchio, di robusto e ruvido rock, con un po’ di ironia e qualche schiaffo da tirare su qualche faccia: ecco Gray, ed ecco la sua intervista (ed ecco anche la recensione del disco).

Mi puoi raccontare che cos’è successo dal tuo ultimo disco alla pubblicazione di “Sessantanoveincerchio”?

Certo non è stato un parto facile, visto i tempi di realizzazione di questo lavoro, non tanto per il concepimento delle canzoni in se stesse, ma soprattutto per la mia voglia di tornare di nuovo in pista dopo anni di silenzio…

Ma era quello di cui avevo bisogno tutto è importante in un percorso artistico anche scelte estreme come quelle di sparire o immergersi in altri interessi. Poi all’improvviso senti rinascere la voglia dentro e provare a dire certe cose, e ti ritrovi insieme ad amici in uno studio e magicamente tutto riparte.

A chi mi chiede come mai non ho fatto uscire sto disco prima rispondo: non avevo vissuto abbastanza (Charles non prendertela se ti cito sempre! Ah ah ha)

Non smetterò mai di ringraziare Antonio Inserillo per la sua pazienza e la sua grande professionalità, i miei compagni di viaggio Frankie GJ, Antonio Guzz Guzzomì, Tommy Donato, Emiliano Marianelli detto il Biacco, Govind Khurana e Lory alla New Model Label , tutti quelli che hanno in qualche modo segnato con la loro presenza “Sessantanoveincerchio”.

Io non amo i tempi discografici attuali dove si macina tutto a un ritmo vertiginoso volevo fare qualcosa di cui poter essere orgoglioso che mi rimanesse appiccicato addosso come il mio patchouli a lungo… molto a lungo… spero di esserci riuscito.

Non ho mai voluto fare l’alternativo a tutti i costi volevo solo scrivere delle canzoni per me, per la gente che mi conosce, al di là di mode e sete di arrivare che in realtà non ho mai avuto … certo sentire qualcuno che canta le tue canzoni ai tuoi concerti è bellissimo, perché nasconderlo? Ma io in fondo volevo e voglio ancora solo fare Rock’n’ Roll … e questo è un disco vero!

Quali sono state le fonti di ispirazione per le nuove canzoni? Mi puoi spiegare il titolo?

Potrei tranquillamente citarti tanti artisti che hanno fatto parte del mio background musicale da Iggy Pop a Janis Joplin, Jeff Buckley, Hanoi Rocks, il grande Ivan Graziani, Tenco, Ramones, Clash, Johnny Cash, Kurt Cobain…c’è un po’ di tutto nei brani ma soprattutto tanta vita tanta voglia di raccontarla in modo diretto senza fronzoli, molto alla Bukowski diciamo…

La scelta del titolo è stata una tragedia di cui adesso sorrido perché quando in realtà consegnai a Govind (il mio discografico) il lavoro finito il disco il titolo era di certo molto più enigmatico… poi abbiamo insieme deciso che Sessantanoveincerchio poteva racchiudere in sé l’essenza di questo lavoro, il 69 che è il mio anno di nascita, e il cerchio dentro cui tutto si muove avanti e indietro sul filo sottile su cui viaggia la vita.

Mi sembra che “Abusi” sia il pezzo più intenso del disco. Vorrei capire com’è nata e perché l’hai scelta come singolo e video?

Abusi è nata a Portland, nell’Oregon, dove ho vissuto per un po’… in realtà non sarebbe dovuta diventare una canzone, è una poesia estratta dal mio libro che spero di pubblicare prima o poi… be’ facciamo poi!

La musica mi è venuta quasi d’istinto nata insieme alla rabbia nel dover rendermi conto di quanto, troppe volte, le parole tolgano a emozioni e sentimenti così grandi di cui spesso abusiamo, soltanto perché abbiamo deciso di chiuderle nella gabbia delle definizioni.

Ho insistito perché fosse il primo singolo perché avevo vinto un contest con questo brano ed ero stato scelto tra tanti artisti a partecipare alla manifestazione un Sorriso per Silvia nella splendida cornice di Erice da Daniele Grasso e dalla cara Samuela Schillirò, e poi dulcis in fundo il video girato e diretto dal mio caro amico Giuseppe Cristiano era già pronto e mi piaceva davvero tanto. Amo Abusi!

“Vorremmo essere tutti delle star” può apparire come un concentrato di rimpianti… Tuttavia la tua carriera non è mai stata avara di critiche positive: cosa si prova a essere indicati come “una delle migliori voci rock italiane”, come ti è successo nel libro di Della Cioppa?

Io effettivamente sono stato sempre recensito in modo più che positivo dalla critica devo dire che mi faceva molto piacere stare quasi ogni mese sulle riviste di musica ai tempi dei Gran Ma Monkey, e anche dopo quando iniziai il mio percorso da solista, ma ripeto non volevo arrivare da nessuna parte solo stare su un palco cantare e suonare tutto qui.

Figurati che ho appreso della mia presenza all’interno del libro di Gianni (Della Cioppa) dai miei ex musicisti e naturalmente sono arrivato al settimo cielo! Grazie Gianni Grazie ancora!

“Vorremmo essere tutti delle Star” è solo una presa in giro. Guarda tutti questi reality dove pretendono di insegnare il talento invece di andare a scovarlo nelle cantine nei bar dove si suda e si vive la musica.

Fanno credere a questi ragazzi di poter diventare delle Star per poi abbandonarli come vuoti a perdere…Verrà il giorno in cui ognuno avrà i suoi 15 minuti di gloria diceva Warhol! Ma tutto questo con l’arte che cazzo c’entra?

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