Una carriera pop ricca di fantasia: è arrivato al quinto album Nicola Barghi, cantautore più vicino a Manchester che a Lucio Battisti, che ha appena pubblicato Elettroshock (qui la nostra recensione). Ecco la nostra intervista.
Quinto album: a che punto pensi di essere arrivato del tuo percorso e che tipo di periodo fotografa “Elettroshock”?
Riguardo al percorso, ho ancora molto da camminare ma con Elettroshock credo di essere stato in grado di fermare con un’immagine chiara i miei ultimi quattro anni, esternando le emozioni che mi hanno “investito”, sia positive che negative.
È un disco che segna un punto ben distinto nella mia vita, sia artistica che personale, un disco di cambiamento, che mi porta a guardare le cose da un’altra prospettiva ma su di una base solida.
Benché il disco dimostri che le tue idee sono piuttosto chiare, copertina e in certo modo anche il titolo del disco spingono a pensare il contrario: qual è la verità?
In genere “elettroshock” è un termine negativo ma in questo caso è inteso come qualcosa che scuote e risveglia da un blocco, quindi è positivo. Le idee sono molto più chiare rispetto ai miei precedenti ma ho solo aperto una porta nella quale intendo entrare.
La copertina racchiude perfettamente il concetto di Elettroshock e tutto il mio mondo, e di questo non posso che ringraziare Francesca Pasquinucci dell’Imaginarium Studio FP per aver capito fin da subito sia me che il disco.
Mi puoi spiegare la scelta delle due cover (“Lonely Boy” dei Black Keys e “Old Brown Shoe” dei Beatles)? Perché la virata psichedelica su “Old Brown Shoe”?
È la prima volta che inserisco brani cover all’interno di un mio album, ho scelto quindi due brani che non fossero scontati ma allo stesso tempo che mi rappresentassero. “Old Brown Shoe” non è un brano rappresentativo dei Beatles, l’ha scritto George Harrison e le sue canzoni sono sempre molto interessanti.
Quando Giuseppe Fiori (Rezophonic) mi fece sentire l’idea di arrangiamento mi piacque perché toccava sonorità degli anni ‘80/’90 pur rimanendo vintage (anche se ormai anche gli anni ’80 e ‘90 sono vintage, J) ed aveva un bel tiro, anzi “ha” :).
Perché hai deciso di fare la doppia versione di “Bugie” ed “Elettroshock”?
Perché sono italiano e mi piace l’idea di unire il sound inglese alla lingua italiana, un po’ come provò a fare Daniele Groff ma il mio ago della bilancia pende molto di più sul BritRock che sull’It.
Nel 2010, quando uscì il mio album Sunny Day e facemmo concerti in Inghilterra, nacque il termine Italian Britpop proprio per questo motivo.
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