Lost Chocolate Lab traccia per traccia
La prima traccia è già piuttosto consistente: Contents/Weightless è un lungo percorso (oltre 10 minuti) di post rock che prima si presenta come soffuso e poi piano piano acquista corpo e sostanza.
Quasi senza stacco, Alien Lands porta in territori che si distendono di fronte all’ascoltatore. A dominare la scena c’è la chitarra, ma senza traccia di esibizionismo.
Si decolla poi verso Squall, sempre molto graduale, sempre su ritmi contenuti ma sempre più elettrica e vibrante.
Everything is Heavy parte da un voluminoso ingresso chitarristico che pensa in grande e in modo altisonante. Un senso di perdita caratterizza invece i loop evanescenti di Let’s Fold Space.
Singhiozzi lunghi ed elettrici quelli di Night Drive, che riesce a coniugare la parte dura e abrasiva della sei corde con una certa languidezza di fondo.
Horseback Headspin appartiene alla categoria “brani graduali”, che mettono in atto un climax rallentato, un po’ alla Mogwai.
Movimenti contenuti quelli di Shall We Start Over?, che si mantiene sommessa, senza agitarsi troppo. Più ambiziosi gli intenti di Dancing towards Infinity, che riprende temi sonori simili ma li spinge più a fondo e più lontano.
Si chiude con un’ultima, lunghissima, cavalcata, quella di This Could Be The End, che si dimostra in grado di lasciare qualche sapore acido in bocca all’ascoltatore.
Kastbauer e il suo Lost Chocolate Lab sanno cucinare un cioccolato perduto dalle varie fragranze: pur essendo sempre in prima fila, la chitarra offre lati diversi e si fa apprezzare per modi e sfaccettature, in un compendio di bravura e sperimentalismo.