Management, “Sumo”: la recensione
Sumo è il titolo del nuovo album di inediti del Management, in uscita oggi 13 novembre per Full Heads / distr. Believe/Audioglobe. Si tratta del quinto album in studio della band composta da Luca Romagnoli (voce e testi) e Marco di Nardo (chitarra e compositore), già noti come Management del Dolore Post-Operatorio.
Registrato all’Auditorium Novecento di Napoli, nuovo nome dello storico studio della Phonotype Records, e dopo quattro album in studio che hanno fatto del Management un nome di riferimento del movimento ‘indie’ italiano, la band cambia strada, con la netta volontà di distaccarsi da categorie e da un immaginario ormai non più rappresentativo.
Management traccia per traccia
La partenza è piuttosto disillusa: Avorio apre il disco con grande malinconia. Linee melodiche più semplici, un testo pienamente “cantautorale” (almeno come lo intenderebbe Calcutta, non Battiato).
Acidella il giusto Sumo, la title track, sempre piuttosto cupa e anche discretamente synthetica, con qualche influenza sonora internazionale.
Ecco poi Come la luna, scelta anche come singolo, una storia di violenza su una donna, presumibilmente, trattata però con una certa leggerezza pop, come fosse una storia d’amore.
Chiara scappiamo parla di tette e di ferite e di cioccolate, con chitarra e clap, con le contraddizioni del mondo che però ormai sono considerate un bel po’ da lontano.
Il cuore è in fiamme Per i tuoi occhi tristi, che parla di tristi fiori nel deserto e di tutta una rosa di sentimenti tristi.
Sto impazzendo parte dai battiti, prima di affrontare le catastrofi cosmiche, e di esplodere a propria volta.
C’è il pianoforte nel finale di una particolarmente animata Forte Forte. Ecco poi le movenze più rallentate de La notte nelle vene, anche questa portata a un’apertura sonora.
Fiori che appassiscono sulle camicie hawaiane e memorie di storie finite su Soltanto acqua, canzone estiva sulla vita che fa male.
E via con il finale orgiastico: Sessossesso (#collectivesong) lascia spazio alle pulsioni e anche ai bassi, per un pezzo un po’ più serrato dei precedenti.
Posto che ognuno matura come gli pare, il Management evolve verso una poetica che sembra un po’ più easy rispetto a quanto mostrato nei dischi precedenti.
Non che siano diventati i nuovi Thegiornalisti (non proprio. Non subito, almeno). Però diciamo che la svolta potrebbe deludere molti. Ma sicuramente procurerà nuovo pubblico al duo abruzzese, probabilmente meno interessato all’approfondimento e un po’ di più alla semplicità.
Genere: indie pop
Se ti piace il Management assaggia anche: rovere
Pagina Facebook
Comments
Daniele
Per la serie “quando si scrive una recensione di fretta, dopo un ascolto sperficiale”. Come si spiega altriemnti questa parte:
“Ecco poi Come la luna, scelta anche come singolo, una storia di violenza su una donna, presumibilmente, trattata però con una certa leggerezza pop, come fosse una storia d’amore.”
Riporto per i lettori l’inizio del testo della canzone
Sul volto aveva i lividi
I pugni, gli occhi neri
E come un lupo lei non si fidava mai
E non aveva più le lacrime
Neanche un sorriso
I vestiti strappati e gli schiaffi sul viso
Spiegami la leggerezza pop dove sta in questa che tu hai percepito come una “storia d’amore”. Che poi scusami ma quasi sempre la violenza sulle donne è provocata proprio da quell’uomo che dice di amarle.
Infine quando concludi dicendo:
“Ma sicuramente procurerà nuovo pubblico al duo abruzzese, probabilmente meno interessato all’approfondimento e un po’ di più alla semplicità.”
Direi che chi si accontenta della semplicità senza andare ad approfondire in questa circostanza è forse il recensore più che il pubblico.
Fabio Alcini
Quando si scrive in fretta si finisce per scrivere in modo “sperficiale” infatti. La leggerezza pop sta nella musica del pezzo (che è pop, appunto). E non ho mai detto che è una storia d’amore, ho detto che la trattano come se fosse una canzoncina su una storia d’amore. Se non leggi in modo superficiale, probabilmente lo capisci. Appunto perché la violenza sulle donne è un tema serissimo e di cruda attualità meritava un’attenzione del tutto diversa. Se mi fossi accontentato della semplicità avrei detto che era un grande disco. Poi per carità, ognuno è libero di pensarla come gli pare.
Daniele
Di temi delicati trattati con leggerezza pop ce ne sono tanti nel mondo della musica, grazie a dio. Altrimenti i Red Hot Chili Peppers non avrebbero mai scritto Under the bridge, tanto per fare un banalissimo esempio.
Rimpiango i tempi in cui per recensire un album bisognava stare in una redazione, avere competenze e dedizione e non era sufficiente un account e una tastiera.
Fabio Alcini
“Under the Bridge” è la Quinta di Beethoven, paragonata alla canzone in questione. E di leggerezza e banalità non ne porta neanche l’ombra.
Li rimpiango anch’io quei tempi, essendo giornalista professionista, facendo questo mestiere da 27 anni, avendo recensito centinaia di album e intervistato centinaia di artisti, avendo vissuto metà della mia vita nelle redazioni.
E rimpiango anche i tempi in cui c’era bisogno di prendere carta e penna per scrivere lettere di commento o di protesta: così si evitavano tantissimi commenti inutili, immotivati, cialtroneschi.
Daniele
Permalosetto eh? Pazienza. Di cialtronesco nel mio commento non vedo nulla. Ho motivato la mia opinione. Tu anche. Gli altri lettori (se ce ne sono) si faranno la propria opinione. Buon lavoro
Fabio Alcini
Ma infatti io parlavo in generale, come mai ti sei sentito tirato in ballo? Io permaloso lo sono di sicuro, specialmente quando arriva il primo che capita e si permette di definire il mio lavoro frettoloso, superficiale, semplicistico, privo di competenze e dedizione, per fare un sunto delle gentilezze che mi hai riservato. Poi chiaro, ognuno ha la propria opinione. Se la prossima volta la esprimerai in maniera più gentile, mi troverai pronto a un dialogo più tranquillo.