Sono in quattro e arrivano da Viareggio: i Metropol raccontano la loro generazione e la vita di provincia, pubblicando il disco d’esordio Un Nuovo Inverno Nucleare, realizzato sotto la produzione artistica di Karim Qqru (Zen Circus) e Andrea Pachetti.

Siete nati da poco e siete molto giovani, ma potete dirci quello che già avete fatto per arrivare fino al vostro esordio?

Intanto grazie per il molto giovani anche se non è poi così vero.
Prima dei Metropol, tre di noi suonavano già insieme in una band chiamata The Red Carpet. I testi erano in inglese, ma ci siamo tolti anche qualche grande soddisfazione.

Dopo una breve pausa dovuta alla fine di questo progetto, abbiamo conosciuto Tama (Francesco, il cantante) e abbiamo cominciato a scrivere i pezzi che poi avrebbero dato vita al nostro primo ep.

Va detto che io sono anziano, quindi sono quasi tutti “molto giovani” per me… Avete già pubblicato un ep (“Farabola”, del 2017): quali sono state le differenze e quanto vi è servita quell’esperienza per realizzare poi “Un nuovo inverno nucleare”?

“Farabola” è stato il nostro primo approccio alla scrittura in italiano.

È stata un’esperienza molto importante, abbiamo messo dentro i pezzi di getto, quasi senza regole, senza domandarsi troppo quale fosse il nostro “genere”.

Siamo stati supportati dal nostro amico fraterno e produttore Francesco Catitti. Appena uscito l’ep, ci siamo subito messi a scrivere nuovi pezzi, stavolta più coscienti di quello che volevamo ottenere 

Da ammiratore degli Zen Circus, la domanda mi sorge decisamente spontanea: com’è e come ha lavorato Karim Qqru sul vostro disco?

Karim è un altro fratello (sì, tendiamo a fraternizzare con le persone con cui condividiamo musica). Con lui abbiamo lavorato principalmente in studio, insieme ad Andrea Pachetti del 360 Music Factory di Livorno, senza grossi interventi di produzione preliminare. Per noi questa è stata una grande novità e un grande stimolo, ci siamo subito trovati bene sia con lui che con Andrea, c’era una grande aura di entusiasmo.

Esiste una “scena toscana” oppure il campanilismo la vince su tutto?

Questa è una domanda un po’ complessa, sicuramente il campanilismo in Toscana è molto più forte e sentito rispetto ad altre zone che hanno un polo più centrale, pensiamo a Milano con il resto della Lombardia.

Creare una vera e propria scena non è facile, ci vogliono un po’ di elementi incastrati contemporaneamente. La Toscana però è viva ed è piena di band e artisti validissimi, gli Zen Circus e Motta sono solo la punta dell’iceberg. 

Quali sono le aspettative che avete rispetto a questo disco? Quali sono gli obiettivi che vi siete posti?

Onestamente non vorremmo parlare di aspettative. Non ci aspettiamo mai niente, sappiamo che ogni passo in più che possiamo fare è dovuto solo al nostro impegno, accompagnato da una discreta dose di fortuna.

Noi speriamo solo che il disco piaccia e che sempre più persone decidano di venire ai nostri concerti. L’obiettivo è solo quello di farle tornare a casa con una nostra canzone in testa.

Metropol traccia per traccia

Si parte da Booster Spirit, energica ed elettrica nei modi ma piuttosto agile e quasi pop nel cantato.

Problemi cromatici e una certa potenza che si materializza in Canzone per farti addormentare, che sembra portatrice di un corteggiamento un po’ curioso.

Fango, uno dei singoli, è uno dei pezzi meglio costruiti del disco: una prima parte che scorre fluida, con un buon testo, e poi una sgasata importante

L’Intermezzo toglie un po’ di tensione e immette in un’atmosfera sfumata, che però si cancella in un attimo, appena messo piede in un’intensa e vorticosa Los Angeles.

Quasi più mare che vento nei movimenti di Maestrale, che celebra le chitarre e l’elettricità nell’aria volando piuttosto alto.

Cambia ritmi in corsa Polvere, viaggiando con dei frequenti stop and go, che quando morde, morde davvero.

Forse non te la aspetteresti, in un disco così, una canzone con nome di donna. E invece eccola qua: Rita, che fa venire l’ansia “come una serie lasciata a metà” (ma anche altri paragoni meno legali) e che viene celebrata da un pezzo molto elettrico e un po’ ironico.

Piuttosto muscolare Vorrei fosse più facile, che ha chitarra quasi in stile The Edge, ma un cantato corale e frontale che rende il tutto molto intenso.

La chiusura è con WASA, che appoggia l’artiglieria e si costruisce piano e dal basso, con un atteggiamento fra il contemplativo e il disperato.

Bello l’esordio dei Metropol, spontaneo, vivo e molto “giovane”, non perché vogliano fare i freschi a tutti i costi ma perché sembra che le canzoni escano loro di mano senza sforzo. Da seguire.

Genere: alternative rock

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