Natalie Prass pubblica The Future and the Past istantanea di una musicista in uno stato di riscoperta personale e di crescente femminilità. La Prass si muove tra atmosfere ritmate, che vanno dal pop anni ’80 all’ R&B dei ’90, a ballate esuberanti.
“L’album era pronto, ma poi ci furono le elezioni,” spiega. “Ero distrutta. I risultati mi fecero mettere in dubbio cosa significa essere una donna negli Stati Uniti, e se le cose che pensavo stessero andando bene, stavano veramente migliorando me stessa e ciò in cui credevo. Sapevo che mi sarei arrabbiata tantissimo con me stessa se non avessi colto l’opportunità di dire ciò che pensavo, quindi decisi di riscrivere l’album. Avevo bisogno di scrivere qualcosa che mi avesse permesso di uscire da questo stato di depressione, ma che avesse permesso ciò anche ad altre persone, perché la musica è esattamente questo.”
Così come il suo album di debutto, Prass ha registrato The Future and The Past a Richmond, Virginia, con il collaboratore di lunga data Matthew E. White, allo Spacebomb Studio. Hanno collaborato alla riuscita del nuovo album anche Blue (Solange’s ‘A Seat At The Table,’ Blood Orange, Carly Rae Jepsen) e Michael Brauer (Elle King and James Bay).
Natalie Prass traccia per traccia
Si parte dal groove di Oh My, che viaggia su atmosfere black con leggerezza e con un senso di anni ’80 nell’aria. Più poppeggiante Short Court Style, non a caso scelta per singolo e video, ma con una ritmica particolarmente curata.
Archi e tristezza collimano con il breve Interlude: Your Fire, mentre con The Fire si riparte con idee più ritmate, anche se l’umore rimane abbastanza plumbeo, pur sollevato da coretti e schermaglie sintetiche.
Atmosfera da club in Hot for the Mountain, la cui morbidezza si dipana grazie a pianoforte, archi e molti indizi di musica soft, tra soul e lounge.
Più appuntita Lost, che la cantante incomincia a cantare quasi in punta di piedi fin dalle prime battute, rilassandosi poi in un secondo tempo. Sisters sfrutta cori molto black per rendersi incisiva e anche un po’ “cattiva”.
Never Too Late sfrutta il lavoro del basso per dare vita a un pezzo appassionato ma anche pieno di luci improvvise. Ship Go Down è storia di naufragi su velluto, con qualcosa che fa pensare a Elvis Costello, ancora archi e ritmi jazz. Il finale del pezzo è sperimentale e sorprendente.
Si prosegue con Nothing to Say, che parte da un coro intimo, prosegue con il pianoforte e la voce e ha intenti malinconici molto evidenti. Far from you si fa ancora più dolce e melodica.
Ain’t Nobody chiude con ritmo il disco, fornendo una via d’uscita urban a un album che ha visto e affrontato momenti diversi.
Natalie Prass pubblica un disco per lo più morbido e colorato di buone sensazioni, scritto e arrangiato in modo convincente. La creatività della ragazza si esprime su molti fronti diversi, dando vita a un disco, come si dice in questi casi, che ha sonorità “senza tempo”.