E’ capitato sostanzialmente per caso, in un locale di Acqui Terme, di incrociare Paolo Enrico Archetti Maestri, uomo dai mille talenti, leader degli Yo Yo Mundi, che era da quelle parti per assistere i suoi “pupilli” Cri+Sara Fou. Oltre agli ovvi complimenti e a due chiacchiere al volo, c’era stata la promessa di una futura intervista, con uno dei personaggi più interessanti nonché tra quelli che possono dire di aver in qualche modo inventato la scena indipendente italiana.

La promessa è stata mantenuta e quello che ne è emersa è davvero una conversazione in libertà assoluta, come è nelle sue corde, che abbraccia moltissimi argomenti, ma soprattutto la musica (occhio alla playlist in fondo all’intervista!). Senza fare sconti a nessuno.

Partirei da una domanda del tutto generale, giusto perché voglio evitare di fare subito brutta figura: dal tuo punto di vista, a che punto è la musica italiana oggi?

Non lo so, ma come non lo so io, non lo sanno neanche la maggior parte degli addetti ai lavori. La promessa del web come luogo virtuale egualitario e come spazio libero di scambio, visibilità e diffusione di cultura, è evidente, è stata ampiamente tradita. I posti migliori di visibilità se li sono accaparrati i soliti potenti, le multinazionali, i padroni del vapore. Così come le antenne della comunicazione. Per gli altri neppure le briciole.

Dunque a un ascolto distratto la musica italiana che risulta noiosa, ripetitiva, stantia, capace soltanto di copiare male quello che, in giro per il mondo, ha avuto un certo qual successo. Questo accade non per mancanza di talento, ma perché il talento che c’è, o lo si perde, o lo si costringe a produrre\interpretare canzoni facilmente digeribili, del tipo: compra (atto che passa anche da un semplice click o dalla visione di una pubblicità), consuma (velocemente, please), digerisci & rutta.

Insomma siamo ancora la provincia dell’Impero, ma se ci sono sacche di resistenza creativa e di talento altro – e io ti confermo che qualcuna ancora c’è – ora non hanno più alcuna visibilità o libertà di azione. Ci hanno trasformati in topolini che partecipano senza alcuna chance o speranza, non dico di vittoria, ma almeno di piazzamento, a una gara a handicap. Ma il podio e ai piedi del podio gli spazi sono sempre tutti occupati (anche dai raccomandati, siamo in Italia, si sa che va così…).

Vuoi un esempio? Accendi la radio, quelle commerciali trasmettono dieci brani in rotazione, è o non è fascismo mediatico? Nemmeno più Conte, De Gregori, Capossela; Fossati o Battiato mandano in onda. Poi ci lamentiamo del calo culturale, pazzesco. Si pensa soltanto a vendere e si produce solo musica da consumare: chimica, piena di pesticidi, vuota di sogno e creatività. Solo profitto, solo fama e visibilità, qualità? Meno di zero. E, infatti, la musica sta morendo, muore quella live, muore quella originale, creativa, di protesta, di narrazione.

paolo enrico archetti maestriMi hai promesso anche un parere sullo stato della musica dal vivo in Italia.

In gran parte ti ho già risposto prima, ma ci sono un paio di cose che aggiungerei volentieri. La prima riguarda la mancanza di curiosità e la conseguente poca voglia di approfondire. Vizi tipici di quest’epoca che illude le persone di sapere già tutto, avendo a disposizione la tecnologia e la possibilità di cercare in tempo reale le risposte nel web.

Le persone, complice la tecnologia che soltanto apparentemente semplifica (ma in realtà appiattisce creatività, professionalità e talento), credono per esempio di saper fotografare, di saperne di grafica, di saper registrare e di saper suonare o cantare (penso al fatto che chi fa karaoke o gira con delle basi senza suonare ormai sostituisce i musicanti e musicisti veri!), si sostituiscono, con il risultato di abbassare la qualità, ai professionisti che perdono risorse e lavoro.

Pensano che così senza fatica alcuna, senza studiare, senza approfondire, si sia pronti a tentar la fortuna, con due risultati, figure barbine da presuntuosi e appiattimento del gusto collettivo. Queste modalità si riflettono nelle attività culturali che prima nascevano dallo studio, dal dialogo, dal confronto, dall’ascolto di chi ne sapeva qualcosa più di noi, e poi, ovviamente, anche dalle esperienze raccolte, dallo sfogliare un libro o un giornale, dall’andare ai concerti o agli spettacoli in genere, alle mostre o al lavoro di ricerca e reperimento di materiali.

Questo è, a tutti gli effetti, quello che noi Yoyo chiamiamo mancanza di curiosità e che consideriamo uno dei drammi di questa stagione al tramonto. Poi, ne parlammo a suo tempo, duranti i concerti la gente parla, a volte grida – fino a coprire la musica -, dà la schiena all’artista. E quando non è completamente disinteressata al massimo fotografa o filma. Sembra proprio che nessuno sappia più ascoltare musica, non dico in silenzio, ma con rispetto e attenzione.

Questo perché si dà tutto per scontato o perché si vuole soltanto ascoltare qualcosa che già si conosce, perché la musica, complici gli esercenti (bar, ristoranti, supermercati ecetera) che la diffondono come orrendo brusio di sottofondo, è ridotta a tappeto dal calpestare. La seconda, ha sempre a che fare con il web, in questo caso soprattutto i cosiddetti “social” e con le programmazioni televisive.

Si legge meno, c’è un notevole calo di acquisti di libri e giornali e di dischi (pochissimi gli acquisti virtuali, tantissimi gli accumuli bulimici di materiale piratato che poi non si utilizza: possedere senza fruire). Si esce meno, questo si sa. Pochi concerti, pochi spettacoli teatrali, poca cultura, pochissimo coraggio nelle scelte. Si va solo ai grandi eventi, per quelli sì, si spendono denari e ci si muove, forse perché modellati ad hoc nella creta del “must”.

Per tutto il resto, ormai, vince il messaggio del “non vale la pena” tanto c’è già tutto su internet o in tv. A volte basta un click su “parteciperò” o “ mi interessa” ma il nostro culo resta inchiodato sul divano di casa o sullo sgabello del solito bar, ma noi sappiamo bene che non basta, che non nutre. Arriverà il momento in cui non sapremo più davvero se a certi eventi passati partecipammo fisicamente o solo più virtualmente!

Bisogna creare nuovi spazi dove la musica non sia mescolata a nulla, violentata dal disinteresse, che siano cibo, bevande, smartphone, video in diretta, schiamazzi, sfilate e sfilatini, bisogna creare luoghi per la musica dove si va solo per la musica, per godersela appieno.

Paolo Enrico Archetti Maestri: colorare il panorama musicale italiano

paolo enrico archetti maestri, yo yo mundiIl vostro ultimo disco è del 2016, “Evidenti tracce di felicità”. Che cosa state preparando ora?

Un album, che ci ha dato grandissime soddisfazioni, non ultima quella di essere arrivati nella cinquina finale della Targa Tenco (Categoria: album dell’anno). Proprio in questi giorni sto finendo di scrivere i brani del disco nuovo che presto registreremo (forse inizieremo a buttar giù qualcosa già nel mese di ottobre).

Altre cose in cantiere, e che mi vengono in mente, sono uno spettacolo su Gianni Rodari con Lastanzadigreta, uno spettacolo teatrale musicale con l’attrice Laura Gualtieri – Teatro del Rimbombo – dedicato al vino (per ora il titolo di lavoro è: Memorie del Grappolo) e qualche nuova produzione artistica ancora segreta.

Siete celebri anche per le contaminazioni e le collaborazioni, spesso eccellenti. Ce ne sarà qualcuna nel nuovo disco?

Facile sarebbe dirti che non posso svelarti nulla, ma in realtà non ho molto da svelare, tra qualche tempo quando i brani avranno dimostrato il loro carattere – dopo le prime registrazioni e i primi arrangiamenti -, saranno loro stessi a chiederci la presenza di determinati artisti e strumenti. È sempre stato così, lo sarà anche questa volta!

E comunque, sì, qualche eccellenza ci sarà – celebre e non ancora celebre -, perché a noi piace così, ci fa stare bene e ci arricchisce intrecciare sogni e creatività con altri artisti.

Mi hai già raccontato la storia vera alle spalle della mia/vostra canzone preferita, cioè “In Novembre”. Posso chiederti di raccontarmela di nuovo di modo da poterla rendere pubblica anche a chi magari non conosce la canzone?

La canzone racconta dell’alluvione in Piemonte, quella tremenda del 1994, ho usato l’escamotage del flusso di parole\pensieri per provare a raccontare tutto quello che, durante le difficili ore dopo la tragedia, affollava la mia mente. Con il cuore che tremava in ansia per le persone che non riuscivo a contattare (ti ho raccontato di un mio viaggio assurdo, attraverso quel territorio devastato dall’esondazione – dal paesaggio irriconoscibile -, per giungere fino ad Alba, città ferita come Alessandria, Canelli e tante altre).

Un flusso di pensieri, d’amore e di rabbia, dedicato a chi soffriva, a chi scavava, a chi cercava persone, animali, affetti e le proprie povere cose nel fango. E a chi aveva tradito la fiducia delle persone, a chi non aveva fatto il proprio dovere. Agli sciacalli, quelli che rubacchiavano incuranti del dolore o disagio altrui, e quelli, di gran lunga peggiori, che per lucro, incompetenza, cialtroneria avevano aperto la strada al disastro, senza avere mai il coraggio di chiedere scusa (quello che poi sta capitando anche in questi giorni dopo il crollo del Ponte Morandi a Genova).

Anche Sciopero Records, l’etichetta che avete fondato nel 2002, è in pieno fermento. Quali sono i prossimi progetti in arrivo?

Intanto in questi giorni uscirà il primo singolo di Grand Drifter Circus Days (con un bellissimo video di animazione firmato Ivano A. Antonazzo), tratto dall’album Lost Spring Songs (Sciopero Records\Self, in uscita il prossimo 12 ottobre), che come il disco di Cri + Sara Fou Non siamo mai stati – artisti che conosci bene! -, è un’altra mia produzione artistica.

Produzioni delle quali vado assai fiero, mi piace collaborare con nuovi artisti originali e di talento, aiutandoli, con passione ed esperienza, a colorare il panorama musicale italiano. Sono molto fiero di loro e dei lavori realizzati e assai orgoglioso anche degli altri album che li hanno preceduti: Lastanzadigreta con Creature Selvagge (vincitore della Targa Tenco, sezione opera prima) e Chiara Giacobbe Chamber Folk Band con il fortunato Lionheart.

Mi fa piacere ricordare che tra le uscite Sciopero Records c’è anche la colonna sonora del film Ulysses: A Dark Odyssey (di Federico Alotto con Danny Glover, Andrea Zirio e Udo Kier) firmata da Alan Brunetta (Lastanzadigreta) in collaborazione con Dario Mecca Aleina (ingegnere del suono degli Yoyo e dello studio Suoni & Fulmini).

Paolo Enrico Archetti Maestri: si condividono musica, sogni, canzoni, cibo, passioni

Sei attivo anche come produttore, per esempio di recente con le comuni conoscenze Cri+Sara Fou. Che mestiere è, dal tuo punto di vista, quello del produttore? Ed è più difficile o più semplice farlo oggi, rispetto a dieci o quindici anni fa?

L’ho detto anche prima, ma lo ripeto volentieri: bisogna metterci soprattutto passione ed esperienza. È un ruolo che mi viene naturale, lavoro – prevalentemente – nel mio studio a Rivalta Bormida con la preziosa collaborazione del già citato Dario Mecca Aleina e con Eugenio Merico, batterista e anima degli Yo Yo Mundi, lì costruisco e sogno, compongo e arrangio, lì germogliano la maggior parte delle collaborazioni e delle mie produzioni artistiche.

paolo enrico archetti maestri, È un lavoro in team, molto fresco, naturale: si sta insieme, si condividono musica, sogni, canzoni, cibo, passioni e si lavora, spesso duramente, per generare qualcosa di nuovo e originale, per tirare fuori il meglio di noi, intrecciando la nostra esperienza e le nostre conoscenze al talento e alla creatività degli artisti che, di volta in volta, curiamo.

La difficoltà oggi sta nella mancanza di risorse e di spazi per esprimersi, ma noi non ci fermeremo mai “si sogna con gli occhi aperti e si suona con gli occhi chiusi” cantiamo in una canzone Yoyo, e, ci piace immaginare, che questo nostro motto sia dipinto con polvere di stelle sulla carlinga del nostro aereo in volo!

Posto che per voi il teatro è tutto tranne che una novità, girate i teatri d’Italia con Lella Costa e Maurizio Camardi con lo spettacolo “Lettere dal filo spinato”, dedicato alla Grande Guerra. Che tipo di spettacolo, e di esperienza, è?

Si tratta di uno spettacolo dedicato a tutti quegli italiani che non hanno vinto quella Grande Guerra che l’Italia vinse, agli sconfitti di ogni guerra, ai giovani mandati al macello, ai disertori, ai dimenticati, alle vittime degli effetti collaterali, alle vedove, alle mamme e alle nonne che hanno perso figli e nipoti in nome della gloria, alle tantissime anime tradite e offese in nome dell’onore e della guerra.

Nello spettacolo ci sono alcuni citazioni di Céline, Remarque, Ungaretti, De André, Vian, ma la maggior parte di testi e canzoni sono inediti e originali scritti appositamente per questo spettacolo. Le prime repliche sono state straordinarie per intensità e per lo scambio di emozioni con il pubblico.

Lella è fantastica, conosce l’arte del sorriso e quella della malinconia, Maurizio un musicista potente, raffinato e caldo, meraviglioso lavorare con loro. Speriamo di avere l’opportunità di replicarlo ancora perché è una delle cose più belle che abbiamo realizzato in carriera.

E speriamo di poterlo portare nelle scuole – magari in versione ridotta – anche perché, come ci è stato confermato da alcuni insegnanti presenti alle repliche, è uno spettacolo estremamente divulgativo.

paolo enrico archetti maestri, yo yo mundi, lella costaHai alle spalle anche una candidatura politica un quindicennio fa. È un’esperienza che ripeteresti? Ti ha lasciato qualcosa di positivo?

Le mie idee ora come allora sono nelle canzoni, negli spettacoli, negli atti personali e artistici che compio. Sono idee in movimento, che si arricchiscono e modificano grazie al continuo confronto con gli altri.

Io non ho nessuna verità da diffondere, tantomeno ho delle promesse da fare, a volte c’è il bisogno di denunciare, altre volte sbocciano delle urgenze da segnalare, più sovente mi piace ricordare – lo faccio prima di tutto per non dimenticare e per fare memoria: la memoria delle persone per contribuire alla difesa della nostra storia, per non permettere a nessuno di riscriverla e di edulcorarla in modo strumentale.

Infine, mi piace proporre una sintesi poetica del mio sentire attraverso la mia sensibilità, questo è il mio modo di fare politica. Della mia esperienza politica ho bei ricordi, soprattutto gli anni delle grandi battaglie verdi contro gli inquinatori e gli avvelenatori (per profitto uccidono e devastano, assassini senza scrupoli di persone e dell’ambiente, sono tra noi, continuano il lavoro schifoso di distruzione sistematica dei diritti e della dignità delle persone).

Soprattutto la lotta per la Valle Bormida Pulita a livello locale e il Referendum contro il Nucleare a livello nazionale (pensa un po’ che grande cosa facemmo, basta un esempio per capirne gli effetti evitati: provate a dare in mano il controllo di una centrale nucleare a gente che non sa neppure controllare lo stato di salute di un viadotto autostradale! Paura, eh?).

Oggi sono contro la Tav e Il Terzo Valico, contro il Tap, contro tutto quello che il profitto impone alle persone a i territori. E lotto affinché si faccia giustizia per le vittime dell’Eternit, uno scempio immondo di vite umane in nome del profitto e degli interessi di pochi, sempre i soliti.

Paolo Enrico Archetti Maestri: siamo ancora assai selvatici e assai spregiudicati

paolo enrico archetti maestriA qualcuno che ha fra i propri lavori più importanti “Sciopero” con la sonorizzazione di Ejzenstein e che ha battezzato la propria etichetta Sciopero Records, verrebbe quasi automatico chiedere qualcosa sulla figura di Marchionne…

Non ho molto da dire, sai? Di tutta la vicenda le cose che mi hanno colpito di più sono state, prima di tutto, il benservito al manager in punto di morte, con tanto di coccodrillo in grande anticipo sulla sua dipartita. L’ho trovato di un cinismo inquietante, ma coerente con lo schifo che certi personaggi e certe multinazionali regalano al mondo, e lo fanno ogni giorno e in ogni occasione con le stesse oscene dinamiche. Poi, in seconda battuta, lo spropositato coro di elogi.

Ora, ci mancherebbe ancora, rispetto e humana pietas per ogni essere umano che soffre, ma davvero, visto ciò che questo manager – e uomo dotato di intelligenza – ha contribuito a fare macellando diritti e dignità dei lavoratori (aggiungerei anche i ricatti del fatidico referendum che ha sconvolto il lavoro in Italia), forse i clarinetti del potere mediatico qualche critica circostanziata e, senza sconti, avrebbero potuto farla. Non importa, la facciamo noi che non dimentichiamo facilmente gli sgarbi subiti e le offese ricevute e che non siamo al servizio di nessuno.

Paolo Conte scrisse di voi che facevate musica “selvatica”. C’è ancora spazio per la musica selvatica in questo tipo di mondo, carino e tutto, ma un po’ plastificato?

Siamo ancora assai selvatici e assai spregiudicati, sai cosa ti dico senza alcun timore o paura di essere smentito? C’è spazio per una inesorabile, implacabile, irresistibile Rivoluzione Gentile – per favore, scrivi le iniziali di queste due parole in maiuscolo, affinché resti come una scritta simbolica nella memoria di chi legge! -.

Fatto…

Ripartiremo dalla collaborazione, dalla solidarietà, dall’intreccio delle arti e dal lavoro collettivo, nasceranno movimenti, produrremo manifesti, ci aiuteremo l’un l’altro, torneremo ad agire in orizzontale, rovesciando l’orrenda torre verticale dello share e del profitto. Tornerà la possibilità di scegliere – quella vera, senza artifizi e cookies – e non ci faremo più imporre niente dalle leggi grondanti di nulla di un mercato moribondo.

E ci riprenderemo tutto, con gli interessi, conquisteremo spazi, inventeremo nuove forme di democrazia, uccideremo l’ovvio, faremo strage di banalità e scurrilità e la qualità, il sogno, la creatività, la libertà espressiva, l’arte e la cultura torneranno a diffondersi liberamente in Italia e nel pianeta tutto. Io non ho dubbi, lotterò per questo ogni giorno della mia vita.

Vasto programma, ma che senso ha vivacchiare per le idee piccole? Ultima domanda: ti va di farmi una playlist con qualche canzone che avresti piacere che chi legge questa intervista ascoltasse?

Molto volentieri! Degli Yo Yo Mundi metterei In novembre (da Percorsi di musica sghemba) e Ai ssùma tùrna (da Evidenti tracce di felicità) perché sono state citate nell’intervista e anche il Tema di Sciopero (da Sciopero), in onore della Sciopero Records. Poi Sstèila (da Munfrâ) perché piace tanto ai bambini, Cuore femmina ed Evidenti tracce di felicità in onore delle donne e dei poeti che nella poesia diventano una cosa sola. E, infine, due canzoni che ho nel cuore, ringrazio sempre la mano divina che mi ha permesso di scriverle: Alla bellezza dei margini e Il silenzio del mare.

Poi, direi, due brani per ogni artista della Sciopero Records: Camarade Gagarine ed Erri da Creature Selvagge de Lastanzadigreta. Alice – Like a light (in the darkness) e Song for M da Lionheart della Chiara Giacobbe Chamber Folk Band. Rime di vita e L’ennesima canzone sul tempo da Non siamo mai stati di Cri + Sara Fou. Circus Days e Balloons da Lost spring songs dei Grand Drifter.

Infine sei brani italiani e sei internazionali per me assai significativi, italiani: L’Albero Pazzo di Andrea Chimenti, Testa storta di Lalli, Primo Dio dei Massimo Volume, Come mi amerai di Stefano Giaccone, Seminatori di grano di Gianmaria Testa, Canto notturno dei C.F.F. Internazionali: A ton étoile dei Noir Desir, Loreley The Pogues, Fisherman’s Blues di The Waterboys, Attaboy di Yo-Yo Ma, Stuart Duncan, Edgar Meyer, Chris Thile. (Are you) The one that i’ve been waiting for? di Nick Cave e A day in the life dei The Beatles. Buon ascolto!

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