Si torna a parlare di Paolo Spaccamonti: il chitarrista torinese pubblica Volume Quattro, nuovo disco composto da undici tracce strumentali e sperimentali come da tradizione, ove lo sperimentalismo non sia però inteso come sinonimo di distacco elitario su torre eburnea.
Spaccamonti anzi si immerge in quello che potremmo anche definire post rock, posto che le definizioni in quest’epoca, in tutti i campi musicali, sono labili e lasciano il tempo che trovano.
Paolo Spaccamonti traccia per traccia
Introduttiva, breve e piuttosto drammatica Cuocere le verdure e fare il brodo con le ossa, presto seguita da Ablazioni, che si prende i propri tempi e marcia con calma nell’oscurità.
Atmosfere più morbide e leggermente più malinconiche quelle di Nina, che sviluppa una linea melodica continua e fluida.
Nessun codardo tranne voi è quasi guerresca e molto cupa, con un passo cadenzato e la voglia di esplorare i sotterranei.
Molto più tranquilla, ma anche avvolta da un manto di tristezza, la seguente Un gelido inverno, capace di colpire anche con sonorità tutto sommato minimali.
Rimettiamoci le maschere lavora nel dettaglio e sui contrasti, con un movimento di fondo inquietante.
C’è un battito in Paul Dance, che coltiva arie da dark wave, con un cesellare della chitarra molto particolareggiato.
Fumo negli occhi fa molto rumore e inclina verso il noise. Così c’è bisogno di Tutto bene quel che finisce per ripristinare un po’ di calma.
In realtà non è ancora finito niente, però: anzi Luce, che segue, è a tutti gli effetti un’alba sonora che sorge piano. Si chiude con Diagonal, che ha un po’ l’indeterminatezza della sigla di Twin Peaks, ma anche un movimento rumoroso e drammatico che sorge dal profondo.
Paolo Spaccamonti pubblica un disco che sfugge alle etichette (ma un paio sarà obbligatorio appiccicarle) ma che soprattutto si conserva coerente a livello sonoro tanto da sfiorare il concetto di concept. Gli undici pezzi sono uniti da fili rossi forti e intensi e colorano un affresco dalle tinte scure.