Anche i Plastic Radio hanno partecipato al Pending Lips Festival 2019. E anche la band della cantante Cristina Pianta (che risponde alle nostre domande) è stata premiata da TRAKS. Ecco la nostra intervista.
Qual è la storia dei Plastic Radio?
In passato non riuscivo a cantare in pubblico perché mi vergognavo. Una sera ubriaca in uno dei peggiori karaoke bar di Milano ho cantato Respect di Aretha Franklin facendo impazzire il locale. Un mio caro amico che era lì con me ha deciso che la sua nuova missione sarebbe stata trasformarmi in una cantante. Nel frattempo per combattere le insicurezze mi sono iscritta a un corso serale di canto jazz presso il conservatorio Verdi di Milano.
Il mio amico di cui sopra mi spingeva a cantare davanti alle persone in qualsiasi occasione possibile. Una di queste è stata una festa di compleanno nel 2016 in cui ho cantato con la voce da grammofono Il pinguino innamorato, una vecchia canzone degli anni ’40 che mi cantava mio nonno da bambina.
Giuseppe (ex batterista dei Plastic Radio che ci ha lasciati quest’anno) che era tra gli invitati è rimasto colpito e mi ha chiesto se mi interessava partecipare a un nuovo progetto musicale che aveva in mente, con forti influenze elettro e una voce femminile. Mi ha quindi presentato Francesco (tastiere e synth) e Valentino (chitarre e basso) che erano suoi cari amici nonché musicisti con cui aveva suonato per anni in precedenti formazioni rock.
Io non avevo mai fatto parte di una band, né avevo mai scritto canzoni ma la loro proposta è stata semplicemente andare in una sala prove per improvvisare e vedere che cosa veniva fuori. In due ore sono nate le bozze di quelle che sarebbero diventate quattro canzoni e così sono nati anche i Plastic Radio.
Dopo aver proseguito e affinato la scrittura dei brani abbiamo chiamato Gianni Masci (musicista e produttore con Jolaurlo, Lo Straniero, Una, Ale Bavo e altri) come produttore artistico per il nostro primo EP che abbiamo registrato interamente nella nostra sala prove.
Ne è seguita la release con il primo singolo Stand or Fall nel febbraio del 2017. Il video molto poetico e low budget è stato realizzato dal mio amico Claudio Marcon ) con spezzoni di video in Super8 trovati in un vecchio archivio americano.
Una chicca sul nostro primo concerto: non ci conosceva nessuno e nessuno voleva farci suonare live quindi il primo concerto me lo sono inventata da sola. Ho chiesto ad amici che avevano una serigrafia con cortile ) di prestarci lo spazio e di realizzare le t-shirt serigrafate a mano con il logo disegnato dal mio amico graphic designer Fabrice Panichi (http://www.fabricepanichi.it/). Ho pubblicizzato il concerto sulla nuova piattaforma per eventi privati (https://comehome.fun/). E’ stata una figata.
Con una campagna di crowdfunding su musicraiser abbiamo raccolto i fondi per registrare un nuovo singolo e realizzare un nuovo video. Siamo finiti a registrare vicino Roma nello studio Sala Tre (una costola de “Gli Artigiani Studio” di Daniele Sinigallia) dove abbiamo lavorato con Pietro Paroletti giovanissimo e talentuoso polistrumentista e produttore artistico (Colombre, Maria Antonietta). Ne è seguita la release di “Do you really think you’re cool?” di cui ti racconto nella seconda domanda.
Vorrei sapere come nasce “Do You Really Think You’re Cool?”
Io lavoro da 13 anni nello sfavillante mondo della moda e, per quanto mi piaccia l’ambiente creativo, spesso provo disprezzo per i dettami e i dogmi che regnano in questo contesto.
Per quanto riguarda il testo, la canzone è una derisione degli atteggiamenti di superiorità gratuiti e infondati di certe persone, nonché un invito a una riflessione affine alla critica kantiana: perché pensi di essere più figo degli altri? Chi ha deciso quali sono le regole e i criteri di questo giudizio?
Inizialmente il pezzo era meno cupo ma in studio abbiamo lavorato per introdurre dei suoni che potessero rendere al meglio il cinismo e la strafottenza delle parole. Il brano si articola in due parti: la prima, di biasimo, dove sono state inserite chilate di bassi con synth analogici, come il korg ms20, in modo da creare un’atmosfera scura e minimale; la seconda, di scherno, in cui il basso si fa più strumentale e funky per creare un groove ipnotizzante che riesce a rimanere coerente con l’atmosfera della parte precedente.
Nel brano si avverte un certo fascino 90s. E’ un periodo che vi interessa particolarmente oppure siete ispirati da altre ere musicali?
Noi tutti siamo nati negli anni ’80 e i ’90 sono stati gli anni della nostra adolescenza quindi gli anni che inconsciamente ancora oggi influenzano la nostra musica. Con Pietro abbiamo poi lavorato per rendere il brano più fresco utilizzando riferimenti della scena pop contemporanea, però la vena vintage ci piace ed è una cifra stilistica che vorremmo mantenere.
Quali saranno i prossimi passi dei Plastic Radio?
Il mondo della musica non è facile per gli artisti indipendenti e per non subire frustrazioni ci teniamo semplicemente attivi e aperti alle opportunità che incontriamo lungo il cammino.
Continueremo a suonare con passione, tra poco faremo la release di un altro singolo e poi chi vivrà vedrà :)