In passato ha collaborato con Santino Cardamone e Il parto delle nuvole pesanti: Praino arriva al suo esordio discografico. Il disco di Praino è una collezione di (sette) brani di cantautorato fantasioso e spesso spumeggiante, molto vicino alle tendenze contemporanee.
Praino traccia per traccia
Si parte con una sciolta Agnello, racconto da domenica mattina che mescola dub, itpop e perfino un po’ di sensi psichedelici. Il finale è invece tirato ed elettrico, facendo presumere che la mescolanza non spaventerà Praino nemmeno nel resto dell’album.
Spleen invece è elettrica fin dall’inizio ma riesce a crescere lo stesso. Di spleen tutto sommato si vedono poche tracce, se non qualche indizio nel testo e nel cantato.
Torna il reggae con Disagio Monolocale, che cita Paolo Conte in maniera sotterranea e che riempie le linee con versi fitti. Radical chic sviluppa dinamiche leggermente più malinconiche ma anche ironiche, a dimostrare come certe categorie di persone non cambino a dispetto del procedere delle generazioni.
Più sciolti gli atteggiamenti di Faccio fatica, che pure accoglie istanze melodiche e malinconiche quasi sottopelle, soprattutto in forma di archi (a questo punto il “dattidattidai” potrebbe non avere niente a che fare con Conte, ma essere caratteristica tipica del cantato di Praino).
Martedì alle tre (dormi piccola universitaria) parte con citazioni in tralice (per esempio Ciuri Ciuri), per un intermezzo strumentale più che altro mattutino (la mattina non è un momento fisso della giornata, sta dove uno la mette).
Si chiude su note amare con Do disdetta, ricca di particolari alimentari e quotidiani, tutti letti con la lente della nostalgia, con un po’ di rabbia scaricata in modo elettrico.
Storie familiari e di oggi popolano i racconti, scritti da vicino, di Praino, che spesso si dimostra affabulatore senza perdere in sincerità e senza debordare da canzoni solide e sempre ben piantate a terra.