Esce il 28 settembre al-khīmiyya, nuovo disco di Hexn, pubblicato da DiNotte Records, Old Bicycle Records, Non Piangere Dischi e La Scatola Nera: si tratta di un disco misterioso quasi quanto l’alchimia a cui fa riferimento il titolo, tra droni, mutazioni e passaggi di stato, con i sintetizzatori a fare da collante a un disco forse post rock, qui e là noise, con voci e sapori d’Oriente.

Ecco come lo presenta il comunicato stampa: “HEXN è uno e solo, è la ricerca del mistico, la persecuzione dell’occulto, la brama del sapere alchemico. L’utilizzo di sintetizzatori, distorsioni, un cigar box a tre corde, bassi giganteschi, loop ostinati ed echi infiniti, porta l’ascoltatore in una dimensione senza tempo, dove il suono si fonde con le immagini evocate da rumori e lamenti ancestrali. Le percussioni sintetiche, come tamburi invisibili, scandiscono il tempo dell’illusione. Droni che fanno da tappeto di un rituale oscuro, avvelelenato da pozioni che regalano visioni e incanto, urla che richiamano attenzioni di dèi dimenticati”.

Hexn traccia per traccia

Protetta da riverberi e situazioni rumorose, Never Again Again Again apre il disco con l’andamento di un’introduzione da tre minuti, breve se paragonata ad altri brani del disco.

Per esempio Still praying in the Middle of the Sun, dieci minuti di suite che portano con sé l’ossessività della ripetizione del movimento dei dervisci rotanti, le tematiche orientali che si ripeteranno nell’arco dell’album, senza però la stessa frenesia: i gesti sono ripetuti all’infinito, ma il passo rimane costante e non si stramazza alla fine, stravolti di fatica. Appare, non per l’ultima volta, la voce di uno che grida da lontano, che per comodità paragoneremo a quella del muezzin, anche se non è sicuro che chiami i fedeli alla preghiera.

Più tranquilla la situazione illustrata da Since Everything was Anything, che si muove su tracce di moog, unendo ritmi cadenzati e di nuovo la voce che chiama da lontano, questa volta con un’attitudine più adirata, quasi punk. Now then Black parte con battiti sghembi, come se qualcosa lottasse per uscire allo scoperto. E alla fine ci riesce, ancora con l’aiuto della voce e di qualche dissonanza.

Atmosfere più minimal quelle in cui ci si addentra per A Sacred Ring Around the Earth: la voce in stile muezzin torna a farsi sentire, circondata per lo più da mormorii elettrici, battiti regolari e un feedback molto prolungato. Si chiude su Eye, che torna ad atmosfere rumorose e vibranti. La voce continua a dare dimensioni differenti a quello che altrimenti potrebbe passare per un brano noise tout court.

Ci sono molte vibrazioni in un disco come quello di Hexn, direzioni differenti e possibilità esplorate oppure inesplorate. Le strade che prende la sua musica sono però piuttosto chiare e la mescolanza di antico e nuovo finisce per trovare soluzioni convincenti, anche nelle ripetizioni a loop e nei momenti più caotici.

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