I Mai Personal Mood, band pugliese forte di uscite, tour e affermazioni in concorsi e premi, pubblicano il proprio nuovo album, Habitat. Dopo aver calcato gli stessi palchi di Casino Royale, Meg, Colapesce, Marlene Kuntz, Offlaga Disco Pax, Appino e Roy Paci, Bugo, Di Martino, la band concretizza le proprie suggestioni elettroniche in un disco composto da dieci tracce.

Registrato tra Lecce (Sudeststudio), Bologna (Fonoprint) e il loro studio a Canosa di Puglia, questo secondo Lp si presenta come la definitiva maturazione della band verso un linguaggio ancor più spiccatamente elettronico e soprattutto verso le potenzialità del cantato in italiano.

Mai Personal Mood traccia per traccia

Si parte da Ego, già presentata come singolo, che appoggia un testo autorale su elettronica ritmata, con qualche suggestione di tipo dance. Più morbida e basata su un groove soffuso Ritratti di un domani, in cui si inseriscono fiati e percussioni di vario tipo, a segnalare un sottobosco piuttosto fervido.

Si torna a paesaggi nettamente elettronici con Gru, in cui il ritmo fa da collante tra elementi pop e dance della canzone. Momenti intensi e pause di riflessione caratterizzano Ogni Tramonto, mentre c’è un battito all’inizio di Grafite, gentile e a suo modo cosmica.

Qualche nota invece che può riportare agli anni Settanta e forse anche a Lucio Battisti nelle tastiere de Le altre stagioni, in modo sorprendente ma non astruso rispetto al resto dell’album.

Le sensazioni vintage non si dissipano, anzi si rafforzano con cori e umori di Hotel, mentre ci si sposta in sonorità più ambiziose e più 80s con Il tempo prima che conta su battiti marcati e una chitarra sottile. Lontano da qui gioca con i pieni e i vuoti, mette in evidenza testo e cantato, prima che i ritmi si alzino e acquistino anche un retrogusto di fiesta.

Ha un umore in crescita anche Le nostre stagioni, che chiude l’album, con sensazioni elettroniche diffuse che hanno calzato l’album come un guanto, senza però prenderne possesso.

Benché ormai non sia più sorprendente vedere testi “da cantautore” accostati a sonorità non proprio alla Bob Dylan, il modo con cui i Mai Personal Mood hanno deciso di far dialogare i due elementi della canzone è comunque ricco di spunti. Il disco è ben bilanciato e di buon sapore, senza dubbio meritevole di una certa attenzione.

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