
Ogni traccia racconta una storia, come la canzone dedicata allo psicologo americano Walter Mischel (Mischel), che parla del test del marshmallow a cui vengono sottoposti i bambini per valutarne determinazione e autocontrollo. Il nome stesso della band omaggia il neuroscienziato indiano Vilayanur S. Ramachandran e i suoi studi su neuroscienza del comportamento e psicofisica.
Ramachandran traccia per traccia
Molta chitarra e molte veemenza nella prima traccia del disco, Bandura, che fa perno su un loop continuo e molto sporco che fornisce già un quadro piuttosto chiaro del sound della band. Più fluide le progressioni di Cotard, che ha punti di riferimento immersi nell’hard rock degli anni ’70.
Chitarre a pioggia anche nell’apertura di Kraepelin, che ha ritmi veloci e digressioni fiammeggianti. Temperatura anche superiore quella che si registra in Samo, in cui anche il drumming fornisce contributi seri e consistenti a un parossismo sonoro importante.
Approccio più moderato quello di Vilayanur, che però non ci mette moltissimo a salire di colpi e a finire in gloria, in un tripudio profondamente rock. Chiusura affidata a una piuttosto zeppeliniana Mischel, già citata nell’introduzione.
Disco interessante, questo esordio dei Ramachandran, che si presenta psichedelico più nei modi che nella sostanza, e che picchia durissimo dall’inizio alla fine, operando un collegamento con suoni antichi senza per questo rimanerne vittima.