Calma apparente è il disco d’esordio di Rodo, ex chitarrista dei Dresda, ora capace di proporsi nei termini di un cantautorato rock moderato e soffuso.
Rodo traccia per traccia
La partenza è ricca di pathos: Dino (il nonno materno di Rodo, pugile dilettante negli anni ’50) apre le danze in modo dinamico e torrenziale, a livello di suoni. Le sensazioni trasmesse dal testo sono distillate nel racconto.
Rallenta un po’ Agosto, segnata da battiti scanditi, ricca di riverberi elettrici. C’è una forza semplice e crescente in una canzone di mare, rabbiosa ma trattenuta. Almeno fino al finale.
Renato torna alla tipologia di ritratti-non ritratti con modalità molto pacifica e sonorità risonanti. Il “mondo fatto di adulti che non possono girarlo” suona sinistramente vicino in tempi come questi. False speranze e senso di impotenza chiudono il brano, comunque placido.
Un po’ di Lucio Dalla e qualche senso di psichedelia si consuma nei cori e nei retrogusti de Il sole è stanco. Breve e acustica Mi guardi e sospiri, due minuti sommessi che parlano di viaggi morbidi.
Molto dettagliata e sommessa, ecco poi Controvento, che dopo una prima parte minimale fa registrare una crescita e un allargamento.
Parole da dire ha battiti irregolari e vibrazioni che fanno pensare alla new wave e a influenze internazionali. Passaggi sintetici in un racconto particolareggiato.
Un flusso di coscienza su suoni minimali accoglie l’ascoltatore di Crisi passeggera, anche questa ricca di immagini, con il basso che occupa la scena sonora.
Si chiude con Calma apparente, la title track, che fa scendere le luci e torna a parlare di pugili.
C’è una bellissima malinconia alle spalle, sopra, sotto e tutt’intorno a Rodo e al suo disco, confezionato con cura e con calma, consapevole e ricco di ispirazione.