Si chiama Crossroads Blues il nuovo disco del pianista e compositore, in grado di far dialogare jazz, elettronica e varie altre sensazioni, Rosario di Rosa. Il nuovo lavoro è stato concepito ed eseguito in quintetto con Sarah Stride, Carlo Nicita, Alberto N.A. Turra e Davide Bussoleni, che vanno a formare i Basic Phonetics. Abbiamo rivolto qualche domanda a Di Rosa.
Questo disco ha avuto un antecedente come l’ep “Un cielo pieno di nuvole”, il che vuol dire che lo progettavi da tempo. Mi puoi raccontare la storia delle idee alla base di “Crossroad Blues”?
Credo che le idee siano nate grazie al contributo di diverse componenti. In primo luogo la mia passione per l’Arte nella sua interezza (senza distinzione tra arti figurative, musica o quant’altro) e in secondo il mio interesse da alcuni anni a questa parte per certi meccanismi psicologici come per esempio la tecnica dell’EMDR.
Una riflessione che ciclicamente mi rimbalza in testa è come sia possibile che certi grandi artisti come Thelonious Monk, Syd Barrett, Vincent Van Gogh e tanti altri, potessero manifestare da un lato un modo di essere da disadattati nei confronti della «normale» quotidianità e dall’altro una capacità di concepire opere di grande rigore logico e nel contempo uniche e originali.
La risposta che mi sono dato è legata alle esperienze che ciascuno di noi nel proprio percorso esistenziale si ritrova ad affrontare. Soprattutto quelle che ci hanno segnato, che magari sul momento ci hanno fatto soffrire, sono quelle che entrano in gioco quando ci si accinge a elaborare qualcosa di sinceramente creativo che ci rappresenti appieno. L’ep Un Cielo Pieno Di Nuvole da questo punto di vista si può considerare come un insieme di superfici sonore realizzate soltanto con l’elettronica, atte a inquadrare l’ambientazione, come in un film ideale, di dove si svolgerà il racconto successivo.
Il titolo è una citazione da Robert Johnson. Che cosa ti lega al grandissimo bluesman e perché hai scelto questo titolo?
Crossroad Blues è una dei brani più conosciuti di Robert Johnson. A parte la mia sconfinata passione per la sua musica e il blues in generale, il testo di Crossroad Blues parla di un uomo al crocevia che esprime tutta la sua solitudine. Leggendo il testo e rapportandolo al mio concept mi sono reso conto che quel crocevia poteva essere un crocevia della mente, un crocevia interiore in cui il tramutare delle esperienze porta con sé una inevitabile dose di malinconia, di blues per l’appunto.
Ecco perché ho pensato che usare come titolo del disco Crossroad Blues potesse essere un modo per esprimere sinteticamente il mio crocevia.
Il concept del disco è legato al rapporto tra razionalità e follia. Puoi spiegare meglio l’idea?
E’ molto difficile rispondere sinteticamente a questa domanda. Ho sempre pensato alla musica come al modo più efficace per guardarsi dentro e avere il coraggio di esporsi con estrema sincerità. In ognuno di noi c’è una dose più o meno grande di follia, è innegabile. Tra l’altro lo ha ampiamente dimostrato Marina Abramovic con la performance Rhythm 0 degli anni ’70. Pertanto anche chi non si interessa di arte o non fa nulla di creativo deve farci i conti.
La pratica dell’EMDR, cui facevo riferimento prima, non è altro una tecnica che sposta i cosiddetti «traumi» dalla parte irrazionale del cervello a quella razionale, di modo che possano essere accolti e accettati razionalmente così da non essere più causa di disturbo per la persona. Negli artisti questo passaggio avviene in maniera inconsapevole e si manifesta nell’atto creativo stesso. Da tutto questo ho iniziato gradualmente a elaborare il concept che mi ha portato alla composizione di Crossroad Blues, strutturando l’intero lavoro come una sorta di seduta psicologica (molti titoli dei brani si riferiscono proprio a degli strumenti di misurazione di quei traumi).
Qual è stato il criterio di scelta dei Basic Phonetics?
All’indomani di un disco in piano solo (Composition And Reactions) e un disco in trio (Pop Corn Reflections) molto incentrati sull’improvvisazione estemporanea, sentivo il bisogno di tornare alla composizione, anche perché il concept scelto per Crossroad Blues presupponeva un approccio contrappuntistico come mezzo migliore per descrivere i rapporti tra razionalità e irrazionalità. E poi volevo fare un disco con la voce.
I musicisti di Basic Phonetics» hanno tutti un loro mondo vario e diverso dagli altri e ognuno di loro ha uno stile molto riconoscibile. Ed è una cosa niente affatto scontata, soprattutto oggi. Inoltre, altro elemento per me non da poco, sono persone con cui è bello stare e condividere piccoli e grandi momenti.
C’è un disco che hai ascoltato in particolare mentre lavoravi a questo album?
Sinceramente no. Anche negli ascolti sono sempre stato onnivoro e perciò la musica che mi passa per le orecchie non è mai di un solo genere. In particolare la lavorazione di Crossroad Blues ha richiesto un grande lavoro di elettronica che ho portato avanti in larga parte successivamente alla registrazione in studio. Ed è anche il primo disco, a parte il piano solo ma in quel caso era semplice, di cui mi sono occupato del mix e del mastering. Pertanto per due mesi mi sono concentrato soltanto sui pezzi dell’album, anche perché desideravo che anche la resa audio, o l’uso degli effetti o quant’altro, diventassero elementi essenziali per la composizione.
Rosario di Rosa Basic Phonetics traccia per traccia
Si parte da Hum, un mormorìo che da indistinto si fa più marcato, pur appoggiato su bisbiglii che occupano tutto il retro del brano.
E se la partenza può far pensare all’ambient, si cambia presto registro con Symptom Checklist 90 Revised: qui si rimbalza piuttosto tra jazz e progressive (lato King Crimson).
Action speaking striscia un po’ nei bassifondi, flirtando con sensazioni sguscianti, almeno nella prima parte. Poi qualche sentimento più cosmico si fa largo.
Si torna in zona jazz con Beck Depression Inventory, ed è una linea jazz molto mobile, con la vocalità di Sarah Stride a toccare corde profonde, mentre flauto, chitarra e percussioni nervose rendono più complicato il percorso.
Cope Inventory gioca su piccole opposizioni e piccole insistenze, pur risultando talvolta altisonante.
Il pianoforte accoglie l’ascoltatore all’interno di Un cielo pieno di nuvole, ma non si tratta di note consolatorie: anzi serpeggia un giro piuttosto ansiogeno, al quale si unisce il cantato (stavolta in italiano) che ha caratteristiche quasi liriche.
Sembra un po’ più impro il percorso di Karnofsky Performance Status, con gli strumenti che congiurano verso idee convergenti.
Sentimenti in crescita insieme ai suoni all’interno del climax chiamato Action Speaking #2. Post Traumatic Grow Index/Dusk inserisce l’inquietudine nel discorso fin dalle primissime battute, tra movimenti elettrici bruschi e momenti di improvvisa calma.
Disco particolarmente potente quello di Rosario di Rosa con i suoi Basic Phonetics. Nove quadri di un’esposizione ora minuziosa, ora frenetica, contornata da grande ispirazione e da un altissimo livello di esecuzione.