SHORTRAKS: tre nuove recensioni per te

TRAKS ti propone, anche oggi, tre recensioni fresche fresche: le nostre SHORTRAKS riguardano Fabrica, Lameba, Splitheads.

Fabrica, Bar Sayonara

fabrica, shortraksBar Sayonara è il secondo lavoro della band campana Fabrica (Octopus Records), con la produzione artistica di Giuseppe Fontanella (24 Grana). Dodici brani per fotografare in dodici istantanee l’epoca in cui viviamo, raccontandola attraverso gli occhi e il cuore delle persone, tra pennellate di suono raffinate e aperture taglienti. Partenza morbida con Panorama, brano di melodia e battiti, con uno spleen elettrico che trova sfogo maggiore nella seconda parte del brano. Un basso subacqueo e toni più indie in Apnea, che segue con idee più acide. Drumming e pianoforte vanno a conflitto all’interno di Sayonara, dal sapore 90s. Alternanze di forte e di piano all’interno di Bon Voyage, altro pezzo marcato a fuoco dalla malinconia. Ci sono i cori nell’apertura di Oceano, probabilmente la più suggestiva del disco, in grado di correre sul filo delle sfumature ma anche di avere un esito movimentato. Cara provincia chiude la prima metà del disco con racconti di sbandamento, tra “barricate interne” e “sobborghi dell’anima”, con la sezione ritmica che suggerisce, in contrasto con il testo, idee particolarmente urban.

Uomini di tipologie diverse sono descritti in Illogica, pregna di immagini significative e vivide, raccontata anche da un drumming pesante e regolare. La pioggia prima che cada, con evidente riferimento all’omonimo libro di Jonathan Coe, si configura ad arresti e ripartenze, con un respiro marcato e ben riconoscibile. Rock internazionale e sonorità 90s e 00s costellano Come dici tu, che fa “discorsi mainstream” (finendo per assomigliare al lessico di una recensione di TRAKS). Melodia a due voci per Buonvento, particolarmente d’atmosfera. Si torna a idee appuntite con Amaranto, che osserva i cambiamenti del tempo e delle persone. Si chiude sul morbido con A luci spente, synth ballad ovattata. Buona la mescolanza di sensazioni che i Fabrica mettono in campo, in un disco spesso ricco di scrittura accurata e di punte di intensità.

Genere: alternative rock

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Lameba, Standing on a Bleeding Twilight

lamebaSi intitola Standing on a bleeding twilight l’esordio discografico del side project di Stefano Gallone (componente del duo di elettronica ambient sperimentale Agate Rollings) che prende il nome di Lameba. Il progetto nasce nella fase di registrazione del prossimo album degli Agate Rollings e si basa su sonorità e impostazioni concettuali differenti e più estreme rispetto a quelle acquisite dalla band principale.

Un desiderio che nutrivo da molti anni – spiega Stefano – era quello di sentirmi sufficientemente maturo per provare a realizzare un album fatto di collage sonori e sovraincisioni architettate in maniera concettualmente costruttiva. Ho sempre subito l’enorme fascino proveniente dalle sperimentazioni – soprattutto italiane – degli anni ’70, periodo estremamente fertile di idee ma, allo stesso tempo, libero in termini di tentativi di innovazione. Oggi più che mai, provo più emozioni nel lasciarmi trasportare da “Goutez et comparez” che nell’assistere all’ennesima insignificante idolatria a breve termine”.

Il disco, della durata di oltre 35 minuti, è composto da una sola traccia, divisa però in quattro movimenti: Phase I – Hypnosis, Phase II – State of regression, Phase III – Breathe, Phase IV – We’re dead and we’re dancing.

La partenza, come spesso in dischi del genere, è molto sommessa, con movimenti cauti e battiti molto lontani. Poi voci, altrettanto lontane, alla radio (si direbbe). Poi le voci diventano un frastuono più presente e meno coordinato, dal quale alla fine emerge un comizio politico, presumibilmente contro una legge sulla scuola (c’è anche Nada e la sua Amore disperato che fa capolino, a un certo punto).

Ma è il movimento sonoro complessivo, che si sposta lento ma inesorabile, a prendere piano piano il sopravvento sui rumori di fondo e sul collage. Ma vale anche il contrario: la risacca porta via il movimento centrale e fa riemergere le particolarità del fondale. Poi ci sono oscillazioni: l’impressione è quella di entrare in un ambiente nebbioso e inquieto, ricco di pericoli più percepiti che manifesti. E dopo ritmi di bonghi torna il comizio. Ma dopo la metà del brano ecco un fermento continuo che mette insieme sintetico, elettrico, analogico, con esiti che rimangono sospesi nell’aria. Venti elettronici arrivano poi a spazzare tutto. Il finale torna a modalità moderate, spegnendosi pian piano, prima che un movimento breve ma impazzito spezzi la calma. Lavoro concettuale complesso e di non facile lettura, quello de Lameba, ma molto attuale e in linea con la produzione sperimentale più recente.

Genere: sperimentale, avanguardia

Splitheads, New Era May Be Ossessive

the splitheadsArrivano da Grosseto gli Splitheads, band dai contorni rock e dalle propensioni punk vecchi stile che fa il proprio esordio con dodici tracce raccolte attorno a un disco dal titolo New Era May Be Ossessive. La partenza è bruciante, con l’anno fatale 1984 celebrato con modalità schiettamente punk e riflessi tipo 90s. Anche la quasi omonima (rispetto alla band) Splithead di base ha caratteristiche molto tirate, ma si concede numerosi rallentamenti e variazioni sul tema. Stronger si muove su direttrici molto più dirette e pestate. Ha profili elettrici ma anche un po’ più introversi la rapida You and Me. Si procede con Uh Uh!, urletto ripetuto su pezzo dai ritmi moderati ma molto incisivo, con idee da prima new wave e contenuti abrasivi. Che cos’è un disco del 2018 senza una voce recitata all’inizio di una canzone? Eccola infatti in Way Out, che sembra guardare un po’ oltre Oceano per trovare rispondenze nel punk newyorkese.

Everyone Plays Their Own Game è costruita a crescere, sia come volumi sia come mood. Surfin’ and Waitin’ è uno strumentale che percorre strade molto rock e poco surf. Con l’altro dualismo Nails and Pain torna il cantato, un po’ gigione e un po’ sommerso dalle chitarre, in verità. Flow è molto percussiva e con un buon giro di basso. I wanna si avvicina ad ambienti Ramones con un pezzo dai ritmi consistenti e continui. Si chiude con lo sberleffo Hammer (Outro). Il sound della band, pur rifacendosi chiaramente a modelli ormai lontani nel tempo, è fresco e vivo. L’esordio degli Splitheads è positivo e sicuramente divertente.

Genere: punk, alternative rock

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