TRAKS ti regala una nuova puntata di SHORTRAKS, tre dischi meritevoli di attenzione che potresti esserti perso. Questa volta tocca a Viboras, Second Youth, Alessandro Rosace.

Viboras, Eleven

Eleven è il nuovo album del quartetto milanese Viboras, capitanato dalla carismatica Irene che da anni porta avanti la bandiera del punk rock. Autoprodotto, il nuovo lavoro è il terzo in studio per la band, registrato e mixato da Frank Altare presso il 33Hz Studio di Trezzo Sull’Adda (MI). Si parte, in modo elettrico, da Pray, che fa pensare a qualche influenza “classica”, tipo Blondie, ma con un twist di aggressività. Si prosegue con brani a tutta energia come I don’t care o Where were you, che portano con sé i marchi del punk americano. La grande tematica della fuga è esplorata all’interno di Run Away. Ma anche Leave this place corre parecchio, con qualche pensiero a influenze metal.

Drives me insane ha ritmi più controllati ma una buona potenza di fuoco. Con Can’t Breathe si torna al punk da due minuti e mezzo, distanza percorsa anche da No more, che però picchia e urla di più. Colori più scuri quelli di Jamie, mentre Away from here torna sui toni abituali. Si chiude con una rock ballad, Raise, che alterna una sostanza melodica a un impatto molto corposo. Il disco dei Viboras mette in vista buoni talenti e un’ottima consapevolezza delle proprie armi e di come usarle da parte della band.

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Second Youth, Dear Road

second youthI Second Youth si cimentano per la prima volta sulla lunga distanza con Dear Road, il nuovo lp. Cinque punk a metà tra Sardegna e UK suonano un punk rock che va dritto al punto. Il disco si apre sui ritmi precisi e diretti di Friday Night, scelta anche come singolo di apertura e rafforzata dai cori. Più alterni i momenti di This City, che include momenti di ritmica reggae, rallentando per poi ripartire. Anche Letter Home gioca un po’ con l’acceleratore, mostrando le attutudini della band per una melodia rock che va al di là della durezza del punk. Suzanne è piuttosto fiammeggiante, sia lato drumming, sia per le chitarre.

Potente, lineare e ancora corale 1992, mentre Homeward Bound lascia spazio anche per un assolo di chitarra. Boots and Mohicans invece suona come una specie di ballad dai contorni blues rock. Close torna a correre a tutta forza, Worst case scenario rafforza l’impressione a furia di chitarre e di elettricità, mentre la title track Dead Road si allinea su idee rock piuttosto coinvolgenti. Disco compatto ma in grado anche di cambiare strada quello dei Second Youth, in grado di piacere sia agli appassionati del genere sia agli ascoltatori più borderline.

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Alessandro Rosace, Ego

Ego è l’album di debutto del cantante Alessandro Rosace. Si spazia da un’atmosfera psichedelica, a un groove africano, con richiami che strizzano l’occhio a una musica introspettiva, riflessiva, innovativa e accattivante. Diplomato con il massimo dei voti al conservatorio di Cosenza, in Canto Jazz, e al Biennio Jazz di Frosinone, Rosace propone un disco aperto da Wait, inizio morbido e impostato su elettronica e voce. Nel finale del pezzo si intravvede qualche influenza jazz. Time conferma le impressioni precedenti e le spalma su un background soffuso ma non privo di un cantato tipo scat piuttosto nervoso.

Life apre con le tastiere e gioca con i suoni in maniera anche ironica. Go parte da una concatenazione a loop per poi lasciarsi andare in modo molto liquido. Fly è strumentale per gran parte, ma la crescita molto graduale del pezzo apre alla vocalità nella seconda parte. Si chiude con le oscurità di Night, che pure si muove in modo rapido sottotraccia, anche in questo caso crescendo un po’ alla volta. Posto che si esagera un po’ con i giochetti vocali, il disco di Alessandro Rosace mostra buona creatività e anche una certa versatilità che rende il disco molto vario.

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