Ecco un altro episodio di #shortraks: tre recensioni in breve per te. Questa volta al centro della scena Funk Shui Project & Davide Shorty, Fabrizio Paterlini, Lola & The Workaholics.
Funk Shui Project & Davide Shorty, La Soluzione
La Soluzione è il nuovo album dei Funk Shui Project & Davide Shorty. Il collettivo torinese ha ormai più di dieci anni di storia alle spalle, mentre nel 2018 comincia la collaborazione con Shorty, che ha porta alla nascita del loro ultimo album Terapia di Gruppo. Il disco incomincia dall’Intro, profonda di bassi e con una rassegna di modelli musicali in evidenza. C’è qualche coro morriconiano alle spalle de La Soluzione, che ha un ritmo molto solido e un testo che parla in maniera concreta dell’attualità.
Un po’ più tranquilla Solo con me, che vede il featuring di Johnny Marsiglia, per un umore che varia all’interno del brano. Piuttosto vertiginosa, sia come musica sia per il testo, Insonnia, che rincorre il tempo notturno. Pesta un po’ più duro Asociale, che cita la Bandabardò e rimbalza su atmosfere soul. Sempre dal soul si parte anche, con citazione e sample, in Amare me, amare te, fluida e morbida, alla ricerca di incontri di anime. Si va in direzione reggae con Visione. Si chiude con Cosa resterà di noi, che apre in acustico, citando i Kings of Convenience, e poi sovrappone le sonorità. Conferma di alto livello per Funk Shui Project & Davide Shorty: una combo efficace e profonda, che ha già raggiunto ottimi livelli sia per l’aspetto testuale sia per le sonorità.
Fabrizio Paterlini, Transitions
A pochi mesi dalla pubblicazione della remastered version di Autumn Stories, tra i dischi più noti dell’artista italiano risuonato ex novo con l’aggiunta di nuovi strumenti, Fabrizio Paterlini pubblica Transitions, il nuovo lavoro su etichetta Memory Recording/Believe Digital. Otto nuove composizioni registrate durante la live sessione effettuata in una calda giornata a luglio 2019 presso la spettacolare Villa Dionisi a Cerea, in provincia di Verona.
Semplice e piuttosto malinconico l’inizio di disco con Eyes Closed. Con If only I could tell si costruisce in modo più articolato, anche se tutto quanto è sempre raccolto intorno a un giro essenziale di note di pianoforte. Del resto le composizioni sono brevissime e spesso contigue, ma si avverte lo stacco tra The hall is dancing e una più solenne Istanbul wedding.
Gira su toni bassi e nostalgici Homesick, mentre sembra più dolorosa Fire. Scava in profondità Summer story, mentre il disco si chiude con Mind Travels. Lavoro piuttosto rapido per Fabrizio Paterlini che raccoglie una serie di piccole chicche portatrici del suo talento.
Lola & The Workaholics, Romance
Romance è il primo album di Lola & the Workaholics, e nasce dopo aver affinato in studio e testato dal vivo, un progetto che esiste da poco più di un anno. Giancarlo Di Vanni, il producer, ha lavorato per creare un sound polivalente che riesce a far convivere beats, violino, chitarra e basso al servizio di Lola. Si parte dal violino di Diva, che presto dà spazio alla voce e alla teatralità di un brano piuttosto sopra le righe.
Viaggia alto, a livello vocale, il reggaettino di Kiss Me, in inglese e con un’attenzione particolare per i ritmi e i cambi degli stessi. Si rimane su sensazioni dub con Obvious, che però accoglie anche violino e un po’ di chitarra elettrica. Archi ed elettricità, ma anche un groove crescente di basso all’interno di Libera, dal testo particolarmente battiatiano. Si passa al francese, e ad altri gigioneggiamenti, con la title track Romance.
Ecco poi Lullaby, che torna all’inglese per suonare una ninna nanna particolarmente gentile e un po’ tropicale. Si torna a ritmi più vivaci con Curry Muffin, speziata e variegata. A chiudere il disco ecco White Rabbit, cover del classico dei Jefferson Airplane, qui resa con un mood piuttosto giamaicano. Al netto di qualche divertissement, bel personaggio e bella voce Lola, con contorno di sonorità interessanti e ben selezionate.