Tocca a loro, senza dubbio: i Subsonica sono stati molto bravi nel creare il battage giusto per Microchip temporale. Vent’anni dopo uno dei dischi più importanti degli anni Novanta italiani, Microchip emozionale, la band torinese non ha seguito la strada tracciata dagli Afterhours con Hai paura del buio, nella rilettura del quale inclusero soprattutto artisti contemporanei (compreso Samuel) né l’autarchia dei Marlene Kuntz con i loro primi album.
I futuristi e futuribili Subsonica invece hanno scelto di coinvolgere nella riedizione dell’allbum quasi esclusivamente artisti nuovi, con pochi giri di pista alle spalle, spesso “figli” dei suoni che Casacci, Samuel, Boosta e compagni hanno messo insieme nel corso degli anni.
Ne è uscita una sfilata indie/hip hop di alto livello: Willie Peyote, Nitro, Coma Cose con i Mamakass, Motta, Lo Stato Sociale, Coez, Cosmo, Achille Lauro, Ensi, FASK, MYSS KETA, Gemitaiz, con l’eccezione “mainstream”, ma opportuna, di Elisa. Decisamente meritevole di ascolto.
Susbonica traccia per traccia
Dopo una Buncia – 2019 che rimbalza per sei secondi, ecco il via effettivo al disco, con Sonde, resa forse più essenziale nei suoni per consentire a Willie Peyote di fornire in totale agio il proprio contributo. E il rapper torinese non è uno che si faccia pregare: si appoggia sul basso continuo per far crescere una strofa aggressiva che si inserisce in modo molto naturale. “Sanno tutto di te”. Giusto per iniziare con un po’ di paranoia.
Altro episodio cardine (ma è un disco pieno di episodi cardine) è Colpo di pistola, che non perde in termini di aggressività e acidità. C’è una chitarrina che si muove nel retro e c’è l’intervento di Nitro, che arriva in modo deciso ma tutto sommato discreto nella parte finale della canzone.
Scelta come primo singolo, Aurora sogna vede un’incidenza forte dei Coma Cose: forse non è la canzone più riuscita della riedizione, anche se California e Fausto Lama si fanno onore con un pezzo difficile. Ma la valenza simbolica del pezzo è importante, vista la copertina e visto che i Subsonica stessi hanno visto in Francesca una sorta di reincarnazione di Aurora.
La prima ospite senza legami con l’hip hop che si incontra nel disco è Elisa, coprotagonista di Lasciati, uno dei pezzi più melodici dell’album, qui resa un po’ più sintetica e vocale, ma intatta nel suo cuore avvolto di malinconia.
Rallentata, acustica, forse anche più cattiva, ecco Tutti i miei sbagli, probabilmente la canzone più nota del disco. L’ospite è Motta, che si è già preso la sua dose di critiche sui social (come era stato con il tributo a De André, del resto). Non si capisce se la colpa di Motta sia essere Motta, ma a parte questo la voce graffiante dell’artista toscano si rivela assolutamente all’altezza del compito, in un brano che qui accentua i propri aspetti inquietanti.
Apertura un po’ Clash ma anche sviluppi sempre agili per Liberi tutti, che coinvolge Lo Stato Sociale, band che è oggettivamente sempre di corsa “come il grande Clint in Fuga da Alcatraz“.
La voce di Coez è un piccolo shock nell’apertura di Strade, ammorbidita e resa più lenta, con più curve, nelle quali l’occhialuto cantante di E’ sempre bello inserisce una buona strofa rappata, rubando quasi la scena a Samuel, nel caso specifico.
Si allunga, si dilata, diventa una festa techno ma anche tribale Disco Labirinto, con Cosmo: il figlio prediletto, torinese ed elettronico, ha carta bianca con un pezzo già pazzoide di suo (c’erano dentro i Bluvertigo all’origine, per dire) che qui si dilata oltre i sette minuti. La voce di Cosmo sforza un po’ ma lo fa apposta, perché nessuno si metta troppo comodo.
Anche Achille Lauro ha suscitato un filo di polemica (ma dai? Chi, lui?) per un’inserimento ne Il mio dj che invece è giocosa, spassosa, sostanzialmente perfetta. Acquistano in groove e in fantasia la canzone e la sua innocenza tossica (definizione che si attaglia perfettamente ad Achille, del resto).
Apertura in grande stile e con archi (ma sostanzialmente presa in prestito dalla versione originale di Tutti i miei sbagli) quella di Il cielo su Torino, che parte poi sottovoce. L’ospite qui è Ensi, che inserisce una strofa molto aggressiva (a mio parere non l’intervento più notevole del disco).
Spariscono un pochino, all’interno delle Albe meccaniche, i Fast Animals and Slow Kids, forse un po’ smarriti nella nebbia elettronica e padana di una canzone alla quale prestano soprattutto cori e un po’ di energia.
Il premio per il pezzo più spassoso lo vince senza dubbio Depre, che era già piuttosto interessante di suo, ma l’abbinata con M¥SS KETA si rivela perfetta e molto divertente, soprattutto quando la “singer, performer, life coach” si lascia andare a citazioni e divagazioni.
Si chiude con Perfezione, che include un ultimo rappresentante della cultura hip hop come Gemitaiz. L’ossessione per la perfezione qui segue tracciati ambigui con improvvise esplosioni. Gemitaiz fa Gemitaiz, con una strofa che rimbalza insieme alle altre.
Si sarà notato come lungo il percorso abbiamo parlato soprattutto degli ospiti, e un’operazione del genere ha questo rovescio della medaglia: che l’attenzione si appunti soprattutto sugli invitati e non sulla band titolare.
Ma è un rischio che i Subsonica conoscevano bene e hanno calcolato. La sostanza è che è ancora un disco della band torinese, che è protagonista nel 90% del suonato e del cantato, ma che è talmente forte delle proprie certezze da sapersi tirare un attimo di lato ogni tanto per lasciare l’occhio di bue sugli artisti che cooperano.
In ogni caso l’operazione è riuscita bene. Ci sono brani che hanno retto la collaborazione meglio, ci sono artisti più o meno adatti, c’è tanto hip hop per una band che ha sempre dimostrato di saper dialogare con generi contemporanei ma non praticati direttamente. E c’è l’attenzione richiamata su una nuova generazione di musicisti che è bene godersi per intero.