Suvari è il progetto solista di Luca De Santis, ex cantante dei LAGS e può essere considerato come l’evoluzione di una precedente one-man-band di Luca, Tv Glue, con la quale ha dato alla luce un demo casalingo 2013.
A causa di una forma rara di neuropatia motoria che lo ha colpito nel maggio 2015, Luca è stato costretto a tornare a casa dei genitori nella provincia toscana, lasciandosi alle spalle il lavoro e la vita costruita negli ultimi anni a Londra. L’esperienza l’ha costretto a una lunga degenza ospedaliera, seguita da un lungo periodo di riabilitazione casalinga in uno stato di semi paralisi.
La musica in questo periodo è stata il principale passatempo e la migliore forma espressiva per potersi raccontare, riscoprire e rimettersi in gioco. Data l’impossibilità di suonare qualunque strumento, l’unico supporto per raggiungere l’obiettivo è stato il computer.
Il sound ottenuto è stato poi rispettato nella realizzazione finale del disco, infatti i suoni sono caratterizzati da una batteria elettronica di forte presenza all’interno di atmosfere legate ai sintetizzatori.
Gli unici strumenti reali sono il basso e alcune chitarre che si sovrappongono e a tratti si mischiano ad altre finte. La produzione del disco è stata fatta da Luca assieme a Marta Venturini (produttrice di “mainstream” di Calcutta) presso Studio Nero di Roma.
Suvari traccia per traccia
Si parte da Punto Omega, prestazione molto pop, molto veloce, molto sintetica ma anche in grado di offrire uno spaccato veritiero sui talenti agili di Suvari, in grado di giocare con suoni e voce con disinvoltura notevole.
Si accelera ulteriormente con Per lasciarsi trasporare, che ha aspirazioni più evocative e diffuse, in salsa new wave ma senza perdere di vista obiettivi pop molto schietti.
C’è aria di anni ’80 in Cosmonauta, pezzo con momenti sincopati e synth abbastanza pittorico. Richieste di attenzione e un atteggiamento leggermente più “urlato” quello che si percepisce in Quel che vale.
Dopo l’intermezzo di Horro Vacui si riparte a tutta velocità con Formiche, che fa pensare a qualche cantautore mainstream ma intelligente (segnatamente, Max Gazzé).
C’è molta attività del basso alla base della tensione che permea Da Qui. Tensione positiva, per un (altro) brano tutto sommato ottimista. Riprendiamoci il caos tiene alti i ritmi e mette ancora in primo piano le intensità del basso elettrico.
Si chiude con Madeleine, titolo proustiano che prelude a un brano moderato e con retrogusti amari, praticamente per la prima volta nel disco.
Tra stop e ripartenze, Suvari allinea canzoni che corrono forte e raggiungono posti illuminati. Un disco costruito con cura e consapevolezza, in grado di colpire dalla prima all’ultima traccia.