Si chiama Hold il nuovo album di We Are Waves, per l’etichetta MeatBeat Records. Hold è la naturale prosecuzione del percorso del quartetto: se Promises (2015) ruotava intorno al tema del difficile ingresso nella vita adulta, il nuovo disco affronta la difficoltà di mantenere viva un’idea di bellezza all’interno di una quotidianità ogni giorno più disillusa.

Hold è il primo album interamente prodotto dalla band dal punto di vista artistico. Pulsazioni da clubbing si alternano a riff esplicitamente alternative rock, le chitarre elettriche s’intrecciano a pad elettronici.

We Are Waves traccia per traccia

I Can’t Change Myself è la traccia di apertura del disco: dopo un avvio piuttosto psichedelico, la canzone si incanala su binari più standard di pop internazionale. Anche Healing Dance ha una partenza “fuorviante”, visto che si parte sottovoce, e forse sott’acqua, per un pezzo che poi si rivela elettrico, agile e aggressivo.

Fugitives provvede dosi di oscurità più massicce rispetto alle due tracce d’apertura, propendendo soprattutto per il versante elettronico, con un drumming molto rumoroso ma sempre con il gusto del giro ammiccante.

Si prosegue con Lynn, che ha un ingresso evocativo, adatto a una ballad piuttosto sghemba ma comunque ambiziosa. Maracaibo (no, non è quella Maracaibo) si prende libertà anche inaspettate, cambiando strutture in corsa e scivolando su sensazioni che più che ai tropici fanno pensare alle Baleari e alla loro club culture.

E i ritmi rimangono alti e molto cadenzati anche sulla successiva e più sperimentale Mirrors, mentre See the light riprende i modi del rock. For all those times si tuffa in oscurità piuttosto profonde e malinconiche.

Melkweg è un intermezzo strumentale “cosmico” che arriva prima del finale, riservato a Head in the Ocean, che fa emergere i riferimenti “antichi” della band, con influenze dark wave (e soprattutto per un sound “alla Cure”) particolarmente evidente.

Gli We Are Waves scoprono il gusto per il riff, spazzano via parte della propria oscurità e optano talvolta per un pop rock di gusto internazionale ben eseguito, con risultati sopra la media. Ma è probabilmente la seconda parte, quella più ricca di esperimenti, a risultare anche più interessante.

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