Intervista: Terzo Piano, una grande possibilità di crescita

Dopo una corposa gavetta trascorsa sui palchi di mezza Italia, spesso accanto ad alcuni dei nomi più prestigiosi della musica indipendente italiana, i Terzo Piano hanno pubblicato il proprio esordio, Super Super, pubblicato da La Fame Dischi (qui la recensione). Li abbiamo intervistati.

Potete riassumere la storia della band fin qui e spiegare il nome della band?

Brevemente? Quattro ragazzi che si conoscono da sempre e hanno sempre suonato assieme ( dai tempi del liceo). Ai tempi del liceo la nostra sala prove, ma anche il nostro punto di ritrovo, si trovava a un terzo piano (da li il nome).

Da cover band improvvisata siamo poi diventata “band emergente” quando 1) abbiamo deciso di impegnarci nel suonare più seriamente per riuscire a scrivere pezzi nostri 2) la rete ci ha permesso di diffonderli. Abbiamo 24-25 anni a testa e suoniamo insieme da quando ne abbiamo 17. Dopo una prima pubblicazione autoprodotta in cui abbiamo capito tutto quello che “non” volevamo fare, siamo ora giunti al nostro primo disco, con La Fame dischi.

Alle spalle avete un ep, ma un disco “intero” è certamente un passo importante. Come lo avete affrontato? Con quali umori e sensazioni? È come vi sentite ora dopo averlo pubblicato?

Oltre che un disco intero questo è un disco fatto con molta più dedizione rispetto al precedente ep. Siamo cresciuti e forse anche musicalmente maturati. E’ stato un lavoro lungo e intenso, una grande possibilità di crescita per noi quattro. Siamo stati affiancati da una squadra di lavoro composta da altri due ragazzi della nostra età (il produttore Antonio Prugno Siniscalchi e l’ingegnere del suono Claudio Auletta Gambilongo) e questo confronto ha giovato a tutti.

Stessa cosa il rapporto con l’equipe della Fame Dischi che devo dire la verità ci ha lasciato sempre molto liberi nelle scelte, anche perché quasi sempre pienamente condivise. Ora dopo averlo pubblicato siamo sicuramente più rilassati da una parte, ansiosi dall’altra. Ansiosi di vedere come sarà recepito. E poi ora siamo in tour, quindi oltre alla fatica c’è anche tanto divertimento.

Terzo Piano, probabilmente stavamo impazzendo

Quali sono state le difficoltà maggiori che avete incontrato nel realizzare il disco, se ci sono state?

Sicuramente i tempi. Per quanto sia stato realizzato in quasi 6 mesi (recording e post produzione) , a noi il tempo non sembrava bastare mai. Volevamo sempre perfezionare e raggiungere un risultato migliore di quello che avevamo, poi ci siamo resi conto che probabilmente stavamo impazzendo! Abbiamo chiuso quindi il lavoro dopo un mese (quello di agosto, lascio immaginare lo stress) intensissimo. Se ci avessero dato altro tempo probabilmente non l’avremmo finito mai.

Come nasce “H”?

Il riff di H è stato “riciclato” da una linea di basso di un pezzo che avevamo scritto e poi scartato. Dopo aver scritto un po’ di pezzi dal mood più intimista volevamo comporre qualcosa di più ritmato e quella linea di basso sembrava fare al caso nostro. Il testo invece l’ho scritto in un periodo in cui paradossalmente mi sentivo davvero poco ispirato, non riuscivo davvero a trovare un argomento interessante da affrontare, ed è stato un bene! Ho deciso di parlare proprio di questo, di come fosse possibile parlare di qualcosa ma comunicare niente. Magari tanti autori lo fanno senza accorgersene (scherzo)

Potete raccontare (in modo comprensibile anche ai non esageratamente tecnici) la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?

Ehm… una batteria acustica , milioni di kit elettronici miscelati per creare i nostri beat, tante chitarre elettriche, tante chitarre acustiche, un piano Rhodes, un moog, suoni di synth importati da vari software. Credo che in parole povere si riassuma ” elettronica e chitarre”.

Chi è l’artista indipendente italiano che stimate di più in questo momento e perché?

Magari gli altri tre componenti della band ti risponderebbero Verdena, io davvero non ti so dire. E’ parecchio che non mi faccio prendere da qualche artista italiano (Verdena inclusi). Forse tra le cose più interessanti che ho scoperto nell’ultimo anno c’è Edda. Lo trovo molto sincero, poco conforme al mood cantautorale italiano (che è un bene) e molto energico.

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