Verso una casa è il nuovo album di Arianna Pasini: un progetto che colma lo spazio tra cantautorato e indie-rock, fatto di parole oneste e produzioni raffinate. Dopo più di dieci anni dalla stesura della prima canzone, il disco d’esordio di Arianna Pasini vede finalmente la luce. Un processo di crescita che non è stato corrotto dall’adrenalina raccolta sui palchi nelle più diverse formazioni ma che, al contrario, ha insegnato all’artista ravennate a trattare ogni brano in maniera sartoriale.
Dopo una lunga gestazione, Verso una casa esce per Brutture Moderne, Crinale Lab e Urlaub Dischi, con il sostegno di Emilia Romagna Music Commission e distribuito da Believe Italia.
Arianna Pasini traccia per traccia
Ci sono rumori ed esitazioni in Colla, che armeggia e apre il disco, per dare i primi spazi alla voce delicata e malinconica di Arianna. Risonanze profonde e internazionali tengono alta la tensione del brano fino alla fine.
Burrone non presenta abissi, se non concettuali, ma racconta con cautela utilizzando i suoni, che si dipanano e spuntano un po’ alla volta, come fiori in un campo. Echi di psych folk si fanno sentire alle spalle della canzone, che è stratificata e potente.
Vinili, zebre e molto altro per celebrare il trascorrere del Tempo, insieme a Generic Animal: un brano che ha una certa scompostezza jazz, che sovrappone ma senza impilare, che spettina e stranisce.
Una ballata con qualcosa di magico ed esoterico arriva poi con Ancora, a cantare di un amore che non c’è più, mai più. Battiti sincopati quelli di Settembre, a celebrare giorni di lacrime e caramelle, progetti di partenze e compleanni, tutto sciolto nei ricordi e negli accordi di una chitarra psichedelica.
Questioni non geometriche quelle che si raccontano in Angolo, che cresce gradualmente ed emerge dal buio, con molta malinconia che si distende e si allarga. I fiati e i pesi si bilanciano in Gravità, che riesce a essere ironica, lieve, pesante, jazzata e parecchi altri aggettivi che ora non mi vengono, mentre la marcia del brano prosegue.
Spettatrice è brano autobiografico, dolce e contenuto, che scorre via liscio come la pioggia che lo accompagna, senza particolari sussulti. Non sussulta nemmeno Giganti, che parla di protezione e che però alza i toni confezionando un piccolo climax sonoro ed emotivo.
Accordi di chitarra aprono Abbracci/Parco via Suore che ha andamenti e modalità blues, inserimenti di sonorità dreamy, qualche libertà vocale in più.
Progetto consistente e coinvolgente, quello di Arianna Pasini: ci ha messo parecchio tempo, ma valeva la pena di aspettare queste canzoni capaci di insinuarsi nelle ossa anche senza alzare mai la voce. C’è creatività, c’è voglia di comunicare, c’è gusto per il dettaglio e c’è un bagaglio musicale molto folto e consistente in un disco che riempie la testa e il cuore.
Nelle mille uscite di questo periodo si può correre il rischio di perderselo, ma sarebbe un peccato perché il disco si distacca dalle voglie frenetiche del pop contemporaneo, senza però indugiare sul vintage, anzi guardando intensamente in avanti, e convincendoci mentre lo fa.