And the Stars above è il nuovo album degli Armonite, collettivo musicale guidato dal compositore Paolo Fosso e dal violinista Jacopo Bigi. Il disco è pubblicato dall’etichetta indie Cleopatra Records di Los Angeles.

La musica strumentale degli Armonite è perfettamente in linea con lo spirito dell’etichetta, specialmente adesso che la Cleopatra si è allargata all’industria cinematografica. Con la nuova divisione Cleopatra Entertainment, la società distribuisce, sviluppa e produce diversi film, tipicamente horror o con una forte componente musicale, da The Devil’s Domain (con Michael Madsen) a The Black Room (in programmazione su Netflix), Halloween Pussy Trap Kill! Kill!, The 27 Club, England Is Mine, A Spasso con Bob.

“Lavorare con la Cleopatra è stato formativo”, dice Fosso, “Il team è estremamente competente e porterà gli Armonite al livello successivo. Sono sempre stato un cinefilo appassionato e mi piace l’idea di poter scrivere colonne sonore: spero che questa collaborazione ci possa aprire delle prospettive importanti.”

Come l’album precedente, And the Stars above è un mix di violino elettrico, basso, batteria e tastiera, incentrato sulla potenza espressiva del violino suonato da Jacopo Bigi. A interpretare le musiche composte da Paolo Fosso, si aggregano anche Colin Edwin (già Porcupine Tree) e Alberto Fiorani al basso; Corrado Bertonazzi, Emiliano Cava e Jasper Barendregt alla batteria.

Armonite traccia per traccia

Tra citazioni dantesche e cori femminili, The March of the Stars apre il disco accentuando i contrasti tra un molto piano iniziale e una calma che si smarrisce in una seconda parte veemente.

Con Next Ride si va sullo strumentale “totale”, ed è uno strumentale che sta in qualche punto tra rock e post rock, ma con cambi di ritmo improvvisi e l’apporto a volte dolce e a volte acido del violino.

Più punteggiata e venata di prog ecco poi District Red, in cui il violino si assume parti più drammatiche. Plaza de España rimane per lo più su varianti melodiche morbide, ma si concede anche qualche escursione più animata.

Clouds collide è l’unico brano veramente “cantato” (al femminile) del disco, ed è pervaso da un senso fiabesco e narrativo che può far pensare a tutto ciò che sta tra i Mercury Rev e Kate Bush.

Si torna al rock con Blue Curaçao, in cui si ha l’impressione che Bigi usi il violino, di tanto in tanto, come Ian Anderson dei Jethro Tull usa il flauto: cioè come una chitarra elettrica, con stessi istinti e stessa volontà tagliente e punitiva.

By Heart presenta un profilo più frastagliato, con chiaroscuri pronunciati. C’è il basso di Colin Edwin ma ci sono anche molti altri elementi che rendono viva e inquieta Freaks, un viaggio nei bassifondi che può svoltare all’improvviso verso il jazz così come verso il progressive ma che in realtà mantiene la propria rotta.

Pianoforte e una certa calma meditativa caratterizzano By the waters of Babylon. The usual drink mette a confronto violino e piano, per un passaggio piuttosto oscuro e malinconico.

Si cambia totalmente scenario con What’s the Rush, elettrica e sintetica nonché piuttosto veloce e tirata, a offrire un lato più aggressivo del duo. Si chiude con i fantasmi di vetro e di vapore di Ghosts, con il basso nuovamente in evidenza e un allargamento degli archi in senso orchestrale.

Due le bonus track nel finale: A Playful Day (for Strings Quartet), vivace e quasi vivaldiana nello spirito, e The Fire Dancer (for Piano solo), altrettanto movimentata.

La ben nota miscela degli Armonite si perfeziona ulteriormente in un disco complesso ma molto fluido, ben orchestrato e con passaggi significativi. L’uscita americana non farà che aggiungere importanza al lavoro del duo.

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