Brilla, “La Tuta di Goldrake”: recensione e streaming

Di Sabrina Cau

Metà ligure e metà toscano Andrea Brilla ha la musica nel sangue fin da adolescente. Le canzoni di Battiato, Battisti e Dalla sono la sua quotidiana esperienza musicale, la tradizione a cui si ispira.

Dal 2011 porta la sua musica in giro per l’Italia, cinque anni dopo forma una band e pubblica il suo debut ep omonimo, prodotto da Giuliano Dottori (Amour Fou) e impreziosito dal featuring con Verano (già Officina della camomilla). Cantautore dallo stile pulito e immediato, attraverso la forma canzone vuole raccontare il mondo in cui viviamo, e la vita che quotidianamente ci pone di fronte al nostro vero io, facendoci assaporare ogni piccola sfaccettatura dell’universo emotivo in cui ci muoviamo.

La Tuta di Goldrake è il primo lp di Brilla per Pioggia Rossa Dischi e Dischi Soviet Studio, edizioni Metatron, uscito lo scorso 25 ottobre.  Nove tracce (inclusi i singoli già pubblicati GennaioQuel senso di sete), che ci proiettano in un’atmosfera anni ’70 all’insegna di un cantautorato old style dall’impronta nostalgica e malinconica, che fa qualche cenno d’intesa al pop moderno rimanendo introspettivo quanto basta per emozionare.

Un salto a ritroso nel tempo che propone frammenti di vita dell’autore, partendo dal periodo più recente, fino ad arrivare ai ricordi dell’adolescenza. Uno spaccato di realtà raccontato con consapevolezza e valorizzato da una forma melodica di buon livello, sicuramente interessante e gradevole all’ascolto.

Brilla traccia per traccia

L’album si apre con Non siamo vergini, un brano che rispecchia le difficoltà della vita da adulti, tra pressioni e ambizioni e segna le giornate avvolte “in una sfera di marzapane che mette sete e sa di sale”. Dunque una sorta di riflessione su noi stessi “non sei contento dei precipizi che senti dentro” e su ciò che vogliamo veramente.  Il tutto farcito di atmosfere cantautorali spigliate e leggere.

Ci trasportano nella bellissima Firenze, tra cinema e strade immerse nel freddo invernale i brani successivi Sono le due di notte e Jasmine. La prima avvolta in un’atmosfera vecchio stile, dai ritmi contenuti e gentili, la seconda, sulla scia del pop sintetico e anni ottanta, riesce a convincerci del tutto con una riuscita melodia vocale.

Arriva poi Quel senso di sete un canto a una donna ormai andata via. Su note, dapprima dolci poi più vive e incalzanti, l’autore ci racconta la magia che nasce quando qualcuno riesce ad affascinarci e incantarci senza preavviso….“sei stata reale o una finzione“. Riusciamo a vedere la persona oggetto del nostro desiderio ovunque, e immaginiamo serate insieme a lei al ristorante o seduti sul divano. C’è l’amore in questo brano, ma anche la paura di esporsi e di non riuscire a essere se stessi fino in fondo. E’ un invito a liberarsi di qualunque stato d’animo che annienta e annulla le nostre emozioni, lasciandoci alla fine, un insopportabile senso di sete.

Gennaio è un up-tempo sintetico dove Brilla si identifica nel primo mese dell’anno, simbolo di nuovi inizi e cambiamenti, la maggior parte delle volte resi vani dagli imprevisti della vita.

E’ questo il momento in cui Brilla indossa La tuta di Goldrake e diventa un supereroe. La title-track, con soavi arpeggi e un basso vivace spiega la necessità che ognuno di noi ha di indossare uno schermo- mantello per affrontare la vita di tutti i giorni. La tuta di Goldrake (“Serve ad andarmene oltre e a rimanere presente, dialogo respiro e chiedo al dubbio di starmi vicino”), ci aiuta a superare le paure e ad affrontare il quotidiano. Ovviamente espresse in termini metaforici, il brano ci regala sincerità e fantasia in racconti di vita vissuta.

Brilla esce dai viaggi introspettivi e non ha paura di criticare le emozioni in TV e l’esigenza di dover essere per forza ciò che non si è per compiacere gli altri in A merenda un pugno di chiodi. “Preferisco i miei calzari i miei modi popolari/Dalla merda nasce il fiore solo quando riesce a uscire il sole…”. Tutto è ingentilito con un coinvolgente contesto sonoro.

L’ansia e l’università ripropone la paura di non essere sé stessi e l’ansia di vivere seduti in disparte a spiare la vita degli altri che va avanti. «…Rapito dalla tensione sbagliavo tutte le note».  Certo, perché Brilla con le note e le parole vuole colorare una realtà spesso cupa e incapace di suscitare emozioni.

L’album si chiude con Ferite dove a parlare è l’adolescenza. Lo scattante e brioso ritmo della chitarra canta frammenti di vita giovanile, di cabine telefoniche a gettoni, motorini e film d’avventura. Rispetto agli altri questo brano è più lieve e disinvolto seppur malinconico dei meravigliosi sedici anni.

In questo debut lp Brilla dimostra sempre e semplicemente chi è davvero: un cantante pop dal timbro nostalgico e inquieto. Racconta pezzi della propria vita in modo naturale, senza fronzoli, non si nasconde mai e non vuole apparire ciò che non è. Se avete bisogno di stupirvi con l’autore di turno allora La tuta di Goldrake non fa al caso vostro, ma se desiderate andare fino in fondo e comprendere la vera essenza di un cantante, allora indossate il mantello, Brilla è per voi.

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