Scenario è il nuovo disco dei C’mon Tigre. E c’è una certa sostanza nel termine “disco” visto che è anche appena uscito in vinile: nero “standard edition” e colorato “special edition” con un libro di 64 pagine impreziosito dagli scatti più significativi di Paolo Pellegrin (stampati su carta di alta qualità, per gentile concessione di Magnum Photos).
L’album è stato anticipato dai singoli No one you know (video di Danijel Žeželj: https://youtu.be/EPNnaZF_xqY), Twist into any shape (video di Donato Sansone: https://youtu.be/tiiG9jQa_Ak) e dal brano Kids Are Electric. Contiene, inoltre, le collaborazioni con Xenia Rubinos, Mick Jenkins e Colin Stetson.
“Scenario” trova la sua completezza nello sguardo di Paolo Pellegrin, fotografo e membro dell’Agenzia Magnum Photos. Paolo ha passato gli ultimi 30 anni a documentare il mondo. Vive e testimonia tematiche che riguardano condizioni di vita, di povertà, di dolore e di violenza, attuando sempre un approccio antropologico. Un lavoro guidato dalla logica dell’approfondimento piuttosto che dal desiderio di carpire un’immagine iconica, e si traduce in storie dai tempi di lettura dilatati, periodici ritorni, un’attenzione rivolta non solo al momento del conflitto ma a ciò che accade dopo. Uno sguardo soggettivo ma distaccato, che è una riflessione e un’analisi, che coincide con un atteggiamento di disponibilità, di rispetto e di interesse verso i momenti della storia, di chi pratica una personale fotografia antropologica e compie un’odissea nell’umano e nel disumano
C’mon Tigre traccia per traccia
Arpeggi apertamente orientali quelli di Deserving my devotion, rapida intro del disco che si apre effettivamente poi con i loop vertiginosi di Twist into any shape, già presentata come singolo. Un passaggio continuo ma delicato, che usa fiati e cori per costruire un sottobosco sonoro molto ricco.
Tamburi quasi a festa quelli che invece contrassegnano Kids are electric, al momento il brano più ascoltato del disco, a dispetto di collaborazioni e video: sarà la precisa ma tranquilla determinazione di cui è figlio, sarà il fiorire di suoni, saranno le armonie del cantato. “Dont’ be afraid” il messaggio di chiusura.
Andamento sinuoso e blueseggiante quello che si regala Supernatural, guidata dai bassi e ambiziosamente vintage. Si parla, in maniera sempre più accorata, di amore, approfondendo sonorità e intensità.
Tentativi di riavvio quelli di Automatic ctrl, che si muove su ritmi sincopati e suoni notturni, accennando più che proclamando. C’è la voce di Xenia Rubinos a caratterizzare un percorso e delle dinamiche fortemente irregolari, quelli di No one you know, scelta curiosa per un singolo, visti gli atteggiamenti scomposti e vagamente jazz.
Dopo l’intermezzo Burning Down si parla di Migrants, brano che cresce gradualmente fino a sfociare in un’epifania di batteria. Molto più “gutturali” le scelte di The River, che si dipana su un cantato che raspa sul fondo, mentre gli archi sollevano gli animi.
Dualismo interessante quello presentato da La mer et l’amour, che pesca da sound variegati (qui e là ti viene da pensare agli Style Council, ma anche a tutt’altre cose).
C’è Mick Jenkins a trasformare in hip hop Flowers in my spoon, figlia però di un humus sonoro articolato e dai vari sapori, anche in questo caso digradanti verso un jazz quasi spontaneo. Ecco invece Colin Stetson per Sleeping beauties, favola plurima dai battiti sincopati e dalle derive quasi techno.
Nati nel 2014 e sempre contraddistinti da scelte forti e libere i C’mon Tigre proseguono nel loro percorso con un disco come sempre molto curato e coerente, ancorato a radici del tutto internazionali (anzi, si direbbe intercontinentali) scevre di relazioni temporali ma anche fortemente legate al presente.
La poetica del duo si arricchisce di scelte, sonore e di carattere, sempre sensate e sempre originali, avulse dai generi ma capaci di spaziare e di arricchirsi di momento in momento.