Si chiama Pesci il nuovo album dei Crevice, uscito il 1° marzo scorso. La formazione primordiale dei Crevice vede la luce nel 2006 da un’idea del cantante Elia e del chitarrista Luca. Negli anni subiscono diversi cambi di formazione (“abbiamo cambiato più batteristi noi che gli Spinal Tap” diranno).
Dopo anni passati a suonare nei peggiori locali della provincia milanese e dintorni, nel 2010 pubblicano il primo ep Odissea. Nei primi mesi del 2014 esce il primo album Aspetto Nel Fuoco e viene portato in giro per numerosi locali e festival del nord Italia. A settembre del 2014 la band annuncia lo scioglimento.
A ottobre 2017, dopo tre anni di silenzio, i Crevice tornano sulle scene con una nuova formazione e a maggio del 2018 entrano in studio con il produttore Davide Lasala per registrare il secondo album presso l’Edac Studio.
Crevice traccia per traccia
Si parte da Cioccolata, ingresso rumoroso nel disco, gonfio di premesse alternative rock, con molta elettricità in circolo. La seconda parte del brano mette in evidenza i colori più scuri della band, con le abilità vocali in grande evidenza.
Più moderata Dimmi, almeno in partenza: i ritmi si mantengono controllati per un po’, ma c’è qualcosa che attende di esplodere e infatti alla fine la canzone sgorga in un trionfo clamoroso finale.
Granito abbassa le luci e si costruisce su linee molto semplici della sezione ritmica. Anche qui c’è un cambio di ritmo, ma il profilo della canzone rimane più cantautorale.
Si recupera fiato e corsa con Liberi, che parla di baci dati per rancore, in un brano particolarmente elettrico e urlato, con lo stoner lì a un passo.
C’è anche spazio per una ballad propriamente detta, quasi di ambito indie pop: la molto dolce Non chiamarla Malinconia mette le maiuscole a sentimenti e cosparge di intimità la canzone.
Si rimane su tinte molto scure con Pesci, title track che ha schitarrate molto indie (in senso di indie rock internazionale) ma anche momenti di autocoscienza e movimenti in profondità.
Appartiene alla parte morbida dell’album anche Stupido. Anzi più che morbida, rallentata perché i concetti possono essere taglienti anche se espressi in modi sonori tranquilli.
Si chiude con Viola, già presentata come singolo, un po’ brit rock e piuttosto ruvida, con aperture sonore a ventaglio.
Disco molto variegato, il nuovo dei Crevice, che riescono a mostrare tutta l’esperienza accumulata e tutta la versatilità che li porta dal rock più vivo alle periferie del pop, senza perdere mai di vista obiettivi, coerenza e omogeneità dell’album.