Impegnato in una nuova avventura in solitaria, Giancarlo Tossani porta nella collana Beats di casa Auand un lavoro che è allo stesso tempo una sfida e un gioco di specchi: Strange Spy.
Come spiega lo stesso musicista, «Strange Spy è l’anagramma di G.T. Synapser, ovvero la band con cui da anni, principalmente, propongo le mie idee musicali. Questa strana, bizzarra spia potremmo quindi considerarla una sorta di alter ego. Un insolito straniero che in una prospettiva musicale anti-romantica dialoga con gli espedienti della tecnologia musicale e le risorse dei menu, alle prese a volte con “Note che non sono le mie”, per parafrasare il titolo del libro di Emmanuel Carrère».
Dopo ben tre album con i Synapser, che avevano reso la band una delle più prolifiche con il marchio Auand Records, con queste tracce Tossani rivela un approccio completamente diverso. Un po’ con l’intento di fare pratica con apparecchi e software che oggi dominano la scena, un po’ per provare a domare la macchina con elementi creativi che vengono fuori dalle falle della tecnologia stessa, parte alla ricerca delle possibilità offerte da circuiti e sistemi binari.
Con pazienza e curiosità, il suo scopo è quello di mettere in primo piano proprio l’aspetto meno accattivante del dialogo uomo-macchina: non la perfezione e la linearità, ma l’inatteso. Sono gli imprevisti a diventare a loro volta uno spunto per l’improvvisazione.
«È quello che generalmente caratterizza buona parte della mia produzione – aggiunge il pianista – di solito con buoni partner umani e qui invece con un partner che non ha un volto umano ma estremamente servizievole e compiacente».
Giancarlo Tossani traccia per traccia
Dopo un’Intro che sembra servire soprattutto ad avviare la macchina, ecco tutti i rimbalzi sotterranei di A Lot of Hats, che armeggia e frigge con qualche riflesso industrial.
Precept Diversity apre le porte a una varietà di giochi sintetici che si allarga sempre più, lasciando sensazioni jazz.
Scivola sotto la superficie invece School Off, portandosi dietro piccoli battiti e armeggiamenti vari, operando soprattutto sul drumming.
Aphresis (to DFW) sembra spogliarsi di qualsiasi sentimento e vestirsi soltanto di battiti, prima che emergano suoni e poi anche voci che vanno ad affollare il brano.
Molto più “melodico” e fluido il discorso impostato da Unwise Veils, che lascia sempre spazio a simil-improvvisazioni di stampo jazz, ma su un tappeto sonoro più classico.
Pianoforte, minimalismo e piccole distorsioni costellano l’inquietante King to King. Il pianoforte domina anche Disclosure, ma qui i sentimenti sono più pieni e l’atmosfera più oscura.
Situazioni estremamente vertiginose quelle messe in moto da The Still Point, una sorta di battaglia fra analogico ed elettronico.
Fun Angle torna alla fluidità precedente, inframezzata da battiti piuttosto pesanti e corposi.
Note in apparenza casuali quelle di Skipping indeed, con voci che contribuiscono con mormorii di fondo.
Con Retrochord ci si trasferisce al jazz club e ci si tuffa testa avanti in un flusso di note molto consistente.
Titolo beatlesiano per Blackbird, che cinguetta al piano con note alte e libere. Il disco chiude con un’Outro che lascia spazio al piano.
Un lavoro interessante e ricco di spunti, quello di Giancarlo Tossani, che si mette a giocare con macchine diverse ottenendo risultati spesso notevoli.