Esce il secondo ep ufficiale de I Fiori di Mandy: “Carne” è il protagonista dell’ #aperitivoconlep di oggi.
«Il titolo “Carne” è dedicato al quadro utilizzato per la copertina del disco, opera di Tonino Mattu, pittore oristanese che ha deciso di prestarci questa sua bellissima creatura. Nel quadro è rappresentato il viso di un soldato tedesco della seconda guerra mondiale, immobile, fermo più che mai, inumano, quasi… poi del sangue che fuoriesce dall’orecchio, immagine forte che crea paradosso e restituisce “vita” e “carne” al personaggio. Siamo davvero orgogliosi della collaborazione con Tonino, persona e artista per cui nutriamo profonda stima».
Scritto fra il 2016 e il 2017, Carne segue l’uscita di “Radici” (del 2017), come fosse la seconda parte di un racconto iniziato dalla nascita della band a oggi. «“Carne” è un lavoro viscerale per noi, dove abbiamo riversato ogni parte del nostro essere. I brani che compongono “Carne” sono stati scritti tra il 2016 e il 2017, durante il primo anno di esistenza del gruppo. Sono nati uno dopo l’altro in maniera naturale e molto istintiva e poi levigati e ripensati al meglio durante i live fatti durante quell’anno e mezzo. L’unico brano nato in maniera differente è stato “Quelli di ieri”, scritta dopo la morte di un amico: sia le musiche che i testi sono espressione di ciò che siamo umanamente e sensibilmente. Uno sfogo più che personale».
I Fiori di Mandy traccia per traccia
Se la band usa parole come “sfogo” e “viscerale” non è un caso: si capisce subito dalla prima traccia, Invadere, che cerca da subito di torcere le budella dell’ascoltatore.
Si prosegue con Karter, che si rivela presto riferita a “Hurricane” Carter, protagonista della celeberrima canzone di Dylan nonché del film con Denzel Washington. Ma dallo spunto iniziale I Fiori di Mandy procedono, con dolore, lentezza e influssi elettrici.
In virtù del piovere si rivela una danza che ha tratti ossessivi, con chitarra e basso completamente ingaggiati nel discorso e ispirazioni che possono far pensare ai primissimi Litfiba (quelli di Paname, Peste o Cangaceiro, per capirsi). Ma la canzone ha molte facce e si spezza in due, portando con sé un incedere pericoloso e psichedelico.
Quelli di ieri parte piano, veleggia su orizzonti dolceamari (qui vengono in mente i Marlene), con il basso ancora in buona vena e il gusto per le immagini forti sempre presente.
Mandria arriva modulando i ritmi, e usa più il fioretto che la spada, spagnoleggiando qui e là. Tra le storie la storia chiude l’ep optando per modalità morbide, sulle prime. Ma poi non ce la fa e rompe gli argini, lasciando ampio spazio di libertà agli strumenti e scatenandoli in una sorta di danza tribale finale.
Se si sono citati nomi importanti del rock italiano è perché I Fiori di Mandy sembrano abbeverarsi da quelle fonti senza però affogarci dentro. Perché la personalità della band è molto spiccata, la capacità di scrittura da tenere presente, rabbia ed energia talmente evidenti che è inutile anche menzionarle.