I Kaufman sono una band bresciana che, nell’era degli influencer, sa lasciarsi influenzare. La vita su Marte è il loro ultimo album. Riferimenti alla grande musica italiana e sonorità fresche che potrebbero tranquillamente abbandonare la scena indie per sfociare nel pop più verace. Una ventata di nostalgia dell’estate accompagna questa intervista, insieme al racconto dei progetti che verranno. Guai a fermarsi!
“La vita su Marte” è una serie di immagini belle, che lasciano il cuore e gli occhi pieni di meraviglia. Ho particolarmente apprezzato l’omaggio a Luca Carboni. In “Macchine Volanti”, invece, il riferimento a De Gregori è più velato ma ugualmente riconoscibile… Sono questi gli artisti italiani che vi hanno ispirato maggiormente?
Luca Carboni certamente si; è uno dei riferimenti italiani che più mi ha condizionato nella scrittura. Poi credo che, per affrontare il processo di scrittura di canzoni, sia necessario conoscere tutta la musica italiana: Dalla, Battisti, De Gregori, Battiato li ho ascoltati a sfinimento. Quello della citazione invece è poi altra cosa ancora, è l’attitudine postmoderna di destrutturare frasi e contenuti e decontestualizzarli per inserirli in modi diversi. A me piace molto. La citazione cinematografica, musicale, perfino sci-fi calata magari in una storia d’amore per colorarla di mondi diversi.
Peraltro, per Carboni, Lorenzo ha scritto uno dei brani contenuti nel suo ultimo album, “I film d’amore”. Una bella soddisfazione per voi, e una bella iniziativa quella di Luca di accogliere i pezzi di alcuni dei protagonisti della scena indie come Gazzelle, Calcutta e Giorgio Poi. Il pop tradizionale e il nuovo che avanza possono quindi convivere senza per forza doversi detestare?
Scrivere per Carboni quella canzone , insieme ad altri autori, è un sogno che si realizza. Come ho detto prima Luca è una delle mie influenze maggiori. Quanto alla convivenza tra il pop tradizionale e il nuovo direi che non è solo una possibilità, anzi, mi sembra una cosa molto naturale. L’attitudine del nuovo pop deve tantissimo a Carboni, ma anche a molti altri mostri sacri della canzone italiana. Quindi è un processo naturale quello di creare collaborazioni.
Non solo la musica, ma anche il cinema viene spesso citato nei vostri testi, a cominciare dal nome della vostra band. L’arte in ogni sua forma è fonte di ispirazione?
La canzone secondo me ha quella forza lì, forse come nessun’altra forma artistica, di colpire in modo violento, irrazionale un immaginario. A volte il richiamo a scene cinematografiche (quindi molto visive ma anche emozionali) o a frasi di canzoni crea un quadro emotivamente forte. Il senso è un po’ questo. Ho la convinzione che ogni attimo che vivi mescola la realtà a ciò che hai già letto o ascoltato, in un mix di cui talvolta è bello perdere i confini. Come il nome della band certo, che viene da Andy Kaufman, Che non c’entra niente con noi eppure invece c’entra.
È stato un anno particolarmente intenso, con un sacco di date live in giro per l’Italia. Con l’anno nuovo avremo modo di vedervi ancora sul palco o vi godrete un po’ di meritato riposo?
Stiamo facendo un percorso, stiamo suonando ancora per tutto questo inverno, ma abbiamo già scritto cose nuove che io non vedo l’ora di fare ascoltare. Le canzoni sono così, poi quando le scrivi hai voglia di lasciarle libere e poi di suonarle ai concerti.
“L’età difficile” resta uno dei vostri pezzi più amati. Si parla di amori estivi, di ombrelloni che si chiudono, di promesse difficili da mantenere. Ci ho pensato a lungo, e vi chiedo…qual è, realmente, l’età più difficile da affrontare? …E come si fa a rispettare le regole?
Ma guarda, quando l’ho scritta pensavo all’adolescenza. Sono partito da un fatto molto preciso. A 16 anni al mare un amore pazzesco ( a 16 anni non sono sempre pazzeschi?) sarebbe finito tornando a casa, perché a quell’età spostarsi non è facile, l’amore alla distanza è complicato, ce lo si promette, lo si giura ma poi la vita non te lo permette. E quell’addio ha una potenza emotiva enorme. Perché è come saltare in un abisso, come quando Thelma e Louise decidono di buttarsi nel canyon. Poi ho capito che quell’età difficile è il senso di precarietà che hai anche a 30 anni. E che ci vivrai per sempre in bilico tra il senso del dovere di rispettare le regole e la voglia disperata e bellissima di trasgredirle.
E’ arrivato il freddo, ma non vogliamo rattristarci. Ci regalate una playlist per sorridere ancora e per sperare che i bagnini troveranno altri lavori?
Certo:
Ex-Otago – Gli occhi della luna
Calcutta – Kiwi
Gazzelle – Sopra
Luca Carboni – Mare mare
Danti, Colapesce – Marginale
Willie Peyote – Ottima scusa
Thegiornalisti – La fine dell’estate
Giuni Russo – Un’estate al mare
Kaufman – L’età difficile
Chiara Orsetti