Presente quando si dice che un disco è “ambizioso“? Di solito quando si vorrebbe scrivere che è arrogante e tronfio, che vorrebbe essere un capolavoro ma che proprio non ci arriva, e non lo si può dire.

Ecco, in questo senso Goodmorning Utopia di VeiveCura non è un disco ambizioso, perché non c’è traccia di arroganza nelle nove tracce del terzo disco firmato dal progetto di Davide Iacono.

E non ci spingiamo a dire che è un capolavoro perché riteniamo che si tratti di parola riservata a sfere altissime, poco frequentate e dall’aria molto rarefatta, ma è sicuramente un ottimo disco.

Il disco fa parte di una trilogia cominciata nel 2010 con Sic Volvere Parcas e proseguita nel 2012 con Tutto è vanità. Già dai titoli dei dischi si può capire come il percorso scelto sia la via più alta, il sentiero tra le nuvole, che però non disdegna qualche occhiata verso terra, di tanto in tanto.

Goodmorning Utopia si apre con la breve introduzione di Persepolis, città simbolo degli imperi caduti: dal punto di vista musicale è già tutto qui, il ritmo, i suoni di un’elettronica morbida ma consistente, la vocalità quasi timida a fare da contrappunto.

Poi si sale Ad Astra, guidati dalle note del pianoforte, cui via via, in un movimento lento, si aggiungono percussioni e chitarra elettrica. Nel finale il pezzo si anima e accelera all’improvviso, non si sa se per effetto della gravitazione universale o di altri eventi.

Uno dei pezzi più curiosi del disco è il seguente: le parti I-II-III della suite Utopia, che punteggia il disco, dedicate a Roberto Baggio. Proprio il campione di calcio, scelto come simbolo utopico dell’unione fra vittoria e bellezza.

Il pezzo procede da un brano ritmato costellato dal sax che lascia poi spazio alla voce di Bruno Pizzul che commenta il “maledetto” rigore sbagliato da Baggio nella finale dei mondiali del 1994, con modalità che ricordano i Mercury Rev di “Nocturne for Norwood” (lì si raccontava, con la voce del telecronista originale, di un kicker che sbagliò il calcio decisivo di un Superbowl, scomparendo poi dal mondo del football americano).

Di nuovo evoluzioni acustiche che terminano in elettrico con Nei tuoi occhi legno, in un discorso post rock che sembra evitare con cura eccessi e frizioni.

E poi Young River, con i suoi passaggi ora mossi ora meditativi, sempre sotto la guida attenta e sicura del pianoforte. La seconda Utopia è quella Atlantica, con evidente riferimento a continenti perduti e oceani sconfinati. Qui è il basso a guidare la navigazione, come un sonar in spazi sconfinati.

Oxymoron propone altre dolcezze ben temperate, per poi lasciare spazio alle ultime parti dell’Utopia. Chiude Goodnight Utopia, in cui alla malinconica introduzione fa da contrappeso un’accelerazione finale molto intensa.

Si possono leggere numerose influenze all’interno del disco, dagli anni Settanta dei Pink Floyd e di Alan Parsons fino a discorsi molto più recenti come quelli di Mogwai, Sparklehorse e i già citati Mercury Rev.

Ma è la personalità di Iacono e dei suoi numerosi compagni di squadra a trasparire da questo disco, insieme delicato e potente. Un lavoro di alto livello, maturo e intenso, con una compattezza di fondo che sottintende un lavoro lungo e pensoso.

Non si può dire, o almeno non posso dire io, se l’Utopia cammina ancora fra di noi o se ha lasciato il posto ai tablet e all’orzo perlato sugli scaffali dei supermarket. Certo se è rimasto qualcosa di utopico è nella musica, e il tentativo di VeiveCura di farsene portatore è assolutamente degno di nota.

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