Se ne parlava giusto ieri: è in uscita anche in Italia Dasein, l’ep da 12 tracce di K-Conjog, al secolo Fabrizio Somma, compositore e polistrumentista che ha alle spalle già due dischi e che è approdato a un lavoro insieme etereo e concreto (qui la nostra recensione). Gli abbiamo fatto qualche domanda.
Questo ep ha alcune particolarità: prima di tutto il fatto che con 12 tracce (benché 5 siano remix) assomiglia molto a un lp. Vorrei capire la scelta e l’esigenza di “mantenerti sul corto” con un lavoro comunque molto ricco e completo.
L’esigenza è nata assecondando il fattore temporale: Dasein è nato in poco più di tre mesi e ho avuto la possibilità di sperimentare un nuovo approccio alla scrittura visto che solitamente opto per tempistiche decisamente più lunghe.
Set Your Spirit Freak!,il mio disco precedente,ha avuto una gestazione decisamente più vasta, il primo brano l’ho scritto nel giugno 2009 mentre l’ultimo nell’ottobre del 2011.
Per Dasein avevo poco tempo a disposizione, una deadline da miniera di sale e non avevo voglia di fare un fratello minore di Set Your Spirit Freak! per cui ho messo da parte il più possibile le parti orchestrali per favorire il pianoforte (che è la mia passione), l’elettronica e l’ambient.
Sono dell’idea che un lp debba essere la sintesi di un percorso lungo e intenso mentre un ep lo sento più come una specie di polaroid musicale, un’istantanea di un breve e determinato periodo.
In America e Giappone il disco è uscito oltre un mese prima che in Europa: immagino che la scelta sia dovuta alla pubblicazione con Abandon Building Records. Che risposte ha avuto il lavoro negli Stati Uniti e in Oriente?
Il disco è uscito il 4 marzo e il 13 aprile ci sarà una sorta di re-release per ufficializzare l’uscita prima fisica e poi digitale. Da quel che so i primi feedback sembrano essere positivi, ma è ancora troppo presto per tirare qualsiasi tipo di somma.
Ho letto una recensione piuttosto dettagliata per una rivista di settore americana in cui l’autore della recensione si chiede quale strada prenderò per il prossimo lavoro, solo piano o orchestrale, cantato o strumentale.
La cosa mi ha divertito parecchio, anche perché non ne ho la minima idea ed è una cosa che mi domando continuamente.
Il titolo del tuo disco fa diretto riferimento all’ “esserci” della filosofia di Heidegger. Vorrei sapere come ti sei avvicinato al pensiero del filosofo tedesco e se pensi che certa musica possa in qualche modo aiutare ad avvicinarsi alla lettura e alla filosofia.
Ho studiato Heidegger all’università ed è stato questo il mio primo approccio col filosofo tedesco. In seguito ho continuato a documentarmi assecondando solo la mia curiosità e quindi a prescindere dagli studi universitari e ho letto oltre Heidegger,autori come Husserl, Camus, Sartre e altri ancora, ma non credevo di essermi legato così tanto al concetto Heideggeriano del Dasein se non in fase di scrittura del disco (anche se mi sento di dire di aver preso in prestito tale concetto piuttosto che riportarlo nell’accezione nuda e cruda del suo autore).
Onestamente non saprei se ci sia un genere musicale che possa aiutare ad avvicinarsi alla filosofia, il tutto è a discrezione del fruitore nel particolare e credo che la risposta cambi in proporzione al numero di teste esistenti sulla faccia della terra.
Nel mio caso ti posso dire che quando ascolto o scrivo musica sento delle cose, me le immagino, ci fantastico un bel po’ e poi ci penso su.
Dopotutto un pensiero filosofico è un percorso reale e introspettivo in cui è il gioco domanda/risposta a fare da padrone e l’ascolto/scrittura della musica mi dà la possibilità di entrare in contatto con il mio di percorso.
Quindi nel mio caso, ovviamente, sì. Per gli altri non garantisco. Una cosa però si può dire, ovvero che non è detto che un certo genere in particolare possa avvicinare alla lettura o alla filosofia ma che la musica in generale possa attivare un processo introspettivo, sì.
Mi incuriosisce il titolo di “How to cure hangover in April”… Da dove nasce?
Aprile è uno dei miei mesi preferiti in assoluto, l’ideale per chi come me soffre enormemente il caldo e non disprezza la luce del sole. Bellissimo se si ha la fortuna di viverlo con chi ti sei scelto al tuo fianco, estremamente difficile se questa opportunità viene a cadere.
Ed è qui che entra in gioco l’Hangover,oltre che nella sua accezione classica da postumi da sbronza. “How to cure..” a modo suo è una canzone d’amore e il titolo racconta parte della storia.
Subendo i postumi di qualcuno o qualcosa che non c’è, assecondandone i modi lenti e ovattati proprio come se si fosse in balia di un pesante hangover, è un invito a ricominciare o sarebbe meglio dire “rinascere insieme a tutto il resto”.
Ben altra storia abbiamo deciso di raccontare io e Francesco Lettieri per il videoclip del brano, decisamente più in linea con il senso classico di hangover. Ma piuttosto che parlarne adesso preferisco che guardiate il video.
Puoi parlarmi dei remix che hai incluso nell’ep? Come nascono e come sono stati selezionati?
L’idea di includere i remix è stata di Matt, il fondatore di Abandon Building. L’intento era quello di farne una release a parte ma abbiamo convenuto insieme che inserirli avrebbe facilitato l’ascoltatore nel capire che tra le mani ha un ep e non un lp.
Inizialmente avevamo a disposizione solo i remix di Set Your Spirit Freak! (le ultime due tracce del disco) quelli successivi sono arrivati solo in seguito ed è stata dura selezionare un bel po’ di materiale veramente valido.
Sono particolarmente contento del risultato e fiero di ospitare i loro produttori, ognuno di loro rappresenta, in un modo o in un altro, parte del mio percorso.