Un nome che suona un tantino “vintage”, ma anche un ep di ottimo impatto: oggi su TraKs si parla di e con i Kossiga, che hanno pubblicato di recente Finkantieri (qui la recensione).
Par di capire che la vostra band abbia una storia un po’ travagliata:
me la raccontate? E mi spiegate il nome del gruppo, che mi ha riportato con i ricordi al liceo (grazie, diciamo)?
“Che sfiga che sfiga non muore mai kossiga!” il nucleo della band gira sui 35 anni, ma da due anni abbiamo chitarrista e bassista ventenni.
Così abbiamo deciso di dare un nuovo nome al progetto e avendo in mente una vecchia foto della scritta murale Kossigaboia ci è parso naturale.
Siamo un po’ tutti nostalgici degli anni ’90, i più giovani per la musica, i più vecchi per uno spleen mai sedato dalla maturità. Siamo sempre stati polemici, siamo partiti dieci anni orsono con qualcosa di simile nei riferimenti ai CSI.
Ora non ci resta che una vecchia foto di una ribellione che non abbiamo mai fatto, mentre attraversiamo, cito, ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e continuiamo a tenere in gabbia quel gabbiano, senza più neanche l’intenzione del volo, perché il sogno si è rattrappito.
I cinque brani dell’ep hanno personalità anche molto differenti:
potete raccontarmi qualcosa di ogni brano?
Pensa che nelle nostre intenzioni era una sorta di suite. Il tema era “la fuga nel sogno”, non la resa, non più la ribellione. September trip l’ho scritta dopo una gita in barca con mia moglie e il tastierista-ukulelista (mofa, il mofa di Mofa hotel). Voleva essere una canzone d’amore.
La felicità che mi viene nonostante sta vita di sacrifici in questo stato di merda, nonostante i miei, i nostri burrascosi trascorsi. Il nostro paesino è stato allagato perché non pulivano le fogne da trent’anni, quando c’erano ancora le fabbriche e i pugni chiusi e io neanche immaginavo che avrei mai incontrato Lei, che mi ha salvato.
Gianna è quello che facciamo per tollerare quello che siamo, è un pezzo corale. La coda è proprio quello che provo, il pianoforte e il delirio.
Balenie è una canzone d’amore sempre sul vorrei ma non posso. Mofa Hotel parla dell’esperienza politica di Mofa, è tutta nel ritornello, abbiamo deciso di farla musicalmente così perchè è l’unica con un po’ di speranza.
Finkantieri sono io, che adesso vorrei solo un po’ di tranquillità, un posto fisso in culo a tutti i miei sogni e miei rimorsi.
A completamento del discorso precedente: perché avete deciso di
intitolare “Finkantieri” il disco e come è nata la title track?
Perché siamo usciti dalla saletta un giorno e davanti a noi, tra noi e il mare c’era la gru di Fincantieri. Ho detto agli altri che il demo si sarebbe chiamato così. Poi ho scritto la canzone.
Visto che questo ep rappresenta una sorta di nuovo inizio, è l’inizio di che cosa? Avete già delle canzoni per nuovi lavori o al momento vi concentrate sulla promozione dell’ep?
Ne abbiamo almeno dieci già pronte. I ragazzi danno nuova linfa, speranza. Que viva la revolucion!