Arriva come un fulmine (non proprio) a ciel sereno la notizia che Meta, società a cui fanno capo Facebook e Instagram, non ha trovato raggiunto l’accordo con Siae per rinnovare la licenza. Con conseguenze a partire da subito.
“La tutela dei diritti d’autore di compositori e artisti è per noi una priorità assoluta e per questo motivo avvieremo la procedura per rimuovere i brani del repertorio Siae all’interno della nostra libreria musicale. Abbiamo accordi di licenza in oltre 150 paesi nel mondo e continueremo a impegnarci per raggiungere un accordo con Siae che soddisfi tutte le parti” dichiara Meta al Corriere della Sera.
Traduzione: vogliono troppi soldi, non ci conviene, però se volete usare canzoni non italiane fate pure. Siae, sempre al Corriere, parla di una “decisione unilaterale di Meta di escludere il repertorio Siae dalla propria library”.
Questo significa che gli utenti non potranno più usare i brani del repertorio Siae nelle storie, nei reel e nel feed di Instagram e Facebook. La musica già presente sui due social sarà rimossa o silenziata.
Ora, gli utenti dei social rimarranno sconcertati e faranno fatica ad abituarsi all’inconveniente. Ma è ovvio che chi ci perde davvero sono i musicisti, che usano i social come veicolo di promozione. E soprattutto gli emergenti “veri”, quelli di cui ci occupiamo quotidianamente su TRAKS: se sei Lazza, Levante o Manuel Agnelli hai già la tua “base” di ascolti e di ascoltatori, la tua fama consolidata e al massimo ti scazza un po’ perché non puoi far sentire la tua canzone nuova via social, consapevole che però comunque i tuoi fan andranno a cercarla in streaming.
Ma se sei un esordiente o un musicista che cerca di farsi largo tra le migliaia di proposte quotidiane, di solito hai una finestra minima per catturare qualche ascoltatore in più e cerchi di sfruttare tutte le occasioni che ti si propongono. E i social sembrano fatti apposta per fare promozione. Almeno quando tutto fila liscio.
Perché è chiaro che questo inconveniente riporta al centro una questione che spesso ci sfugge: i social non sono “nostri”. Non sono servizio pubblico, non sono una piazza, non sono la realtà. Sono società di diritto privato che fanno come gli pare e come gli conviene. Quello che mettiamo sui social può scomparire da un momento all’altro, basta che Zuckie si alzi con il piede sbagliato una mattina. Perciò è giusto usarli, ma appunto “usarli”: non basare tutto sui social.
Chi ci guadagna da tutto questo? Be’ a una prima analisi, soprattutto i concorrenti. Quindi sicuramente Tik Tok, che al momento continua a ospitare musica e che già si stava mangiando fette importanti di mercato, soprattutto a fronte di un Facebook sempre più boomer-oriented e moribondo, ma anche rispetto a Instagram.
E teoricamente anche Soundreef e le società concorrenti di Siae, non toccate dal provvedimento e probabilmente destinate a guadagnare qualche iscritto qualora il braccio di ferro continui a lungo.
Poi c’è anche un posto su internet dove si può continuare ad ascoltare musica, leggere, appassionarsi e conoscere i dettagli delle nuove uscite senza che nessuno possa staccare la spina. Sono le webzine che pubblicano musica nuova ogni giorno. A noi piace TRAKS, ma forse siamo un po’ di parte.