I Fractal Reverb sono Carolina (voce e basso), Davide (chitarra) e Denny (batteria): tre
musicisti di Lodi che hanno pubblicato Songs To Overcome The Ego Mind: strutture progressive e un suono post grunge, per due dischi, quindici brani e ottanta minuti di musica.

Fractal Reverb traccia per traccia

Dopo l’intro di piano di Introspective, si parte su linee squisitamente rock con I’ll Find my Way, in cui il pianoforte è presente, ma all’interno di un ambiente più articolato.

Song of nothing si presenta su idee piuttosto morbide, dipanando discorsi di una certa tranquillità, prima di arrivare a una cesura molto chiara, che scatena il drumming e le chitarre, alzando il livello di tensione.

La tensione rimane alta ed è scaricata dalle chitarre all’interno di Dystonic Wave, potente e ben modulata. Spleen è aggressiva (e non troppo afflitta dallo spleen, almeno non di tipo baudeleriano), con la voce di Carolina in particolare evidenza. In opposizione alla precedente Song of nothing, ecco Song of Something, dal passo spedito ma anche dall’atmosfera non troppo rumorosa.

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Al contrario la lunga suite Natural Sounds (oltre otto minuti) comincia con il passo pesante e sembra determinata a imprimere una svolta piuttosto heavy. Il brano attraversa diverse fasi, finendo in un climax di un certo impatto emotivo. A seguire 20th January 2013, che inizia con alcune insistenze di chitarra e una lunga parte strumentale che lascia spazio a voce e istanze liriche vero la fine del brano.

Fall in Leaves suona molto elettrica, anche se anche il basso entra in modo significativo nell’andamento del brano. Test Yourself assume le proporzioni della suite, e anche qui gli umori cambiano e si travestono nel corso della canzone. Trees in circles ripropone le stesse frizioni, con un umore complessivo tendente al malinconico.

Si passa senza sforzo in Hidden places, posti nascosti dove la chitarra riverbera con libertà, mentre su Blindfolded è la voce a cimentarsi con salite e discese, prima delle svisate finali della chitarra.

A chiudere il trittico interno, ecco Song of Everything, che si muove di nuovo su toni di leggera depressione, con i contrasti ispirati dalla voce ancora più acuti. Si chiude con Outroot, che in perfetta simmetria con Introspective si dedica ai tasti del pianoforte. Qui lo sviluppo è però più articolato, tanto da diventare un brano vero e proprio, con finale prolungato e al contrario, un po’ Smashing Pumpkins, un po’ Elio e le Storie Tese.

C’è qualche ingenuità di fondo qui e là nel disco (anzi, nei dischi) dei Fractal Reverb, ma niente che non si possa cancellare con un po’ di esperienza in più.

Se ti piacciono i Fractal Reverb, assaggia anche: Gunash, “Same Old Nightmare”

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