Tromba, trombone e batteria. E basta. Questa la scommessa di Paolo Raineri, Francesco Bucci e Simone Cavina che basano su questo trio di sensazioni l’omonimo ep di esordio di Ottone Pesante.
Un esperimento, prima di tutto, ma anche un modo di convogliare una vitalità e una sapienza tecnica di alto livello, per cinque brani non privi di una certa ironia.
Ottone Pesante traccia per traccia
L’ep si apre sulle note di Evil Anvil, l’incudine cattiva sulla quale si consumano soprattutto le iniziative del drumming, mentre i fiati (gli ottoni, appunto) esercitano il proprio magistero nel creare un’atmosfera piuttosto plumbea (e allora vai di doppi sensi metallici) come se nuvole cariche di pioggia si addensassero sulla testa dell’ascoltatore.
E’ anche più “pesante” l’atmosfera di Blacksmith Surgery: il drumming in questo caso raggiunge ritmi da black metal, ma la presenza e l’intervento degli ottoni crea intersezioni del tutto differenti, che scivolano verso il vintage e la soundtrack: di tanto in tanto l’impressione è di essere di fronte a un poliziesco anni Settanta, ma con sottolineature musicali a cura della fanfara.
Blood Casting si arrischia su arie più oscure, almeno all’inizio, e per la prima volta i fiati non agiscono soltanto in combinanta ma ogni tanto anche in brevissimi assoli. Grindstone parte con molta veemenza, e prosegue con grande continuità di flusso, con l’intento evidente di non lasciare fiato all’ascoltatore (e lo so, oggi gira sui giochi di parole, niente da fare). Si torna a martellare di gusto con Brassphemy, una blasfemia d’ottone che chiude l’ep ancora con note potenti e molto robuste.
Se vogliamo evitare le ovvietà (suonare un disco tra stoner e metal usando soltanto batteria e ottoni è di per sé piuttosto originale di per sé) possiamo dire che il risultato del connubio offerto dagli Ottone Pesante è molto potente e anche piuttosto straniante. Se sia un esperimento a lunga gittata, soltanto il tempo dirà. Ma questo primo assaggio è divertente e molto interessante.
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