Questa non è la recensione de La primavera della mia vita, il film di Colapesce e Dimartino appena uscito in sala (ci rimarrà soltanto un altro paio di giorni: corri a vederlo subito oppure aspetta pazientemente che esca sui servizi di streaming. O su emule, come suggerisce lo stesso Colapesce in un post di ieri).
Questa è una piccola anticipazione senza spoiler (a parte sui cameo, ma quelli si conoscono già) di un altro buon lavoro confezionato dai #vincitorimorali di Sanremo 2023 e probabilmente di tutti i prossimi Festival cui prenderanno parte.
“Nell’entusiasmo si annida il germe del fallimento” dice Lorenzo, in una delle non poche massime regalate con cinismo e generosità da questo film. Perciò non esprimerò entusiasmo per questo film. Ma soddisfazione sì, perché senza mezzi termini è un film scritto bene ed è una “storia” vera, non un collage di situazioni come a volte capita con le opere prime.
“Nell’entusiasmo si annida il germe del fallimento”
La storia è imperniata su Lorenzo e Antonio, amici musicisti che si sono persi per tre anni e che si ritrovano per scrivere “l’ennesimo libro sulle leggende siciliane”. A finanziare l’impresa sono i semeniti, misteriosa setta amante degli alberi e perennemente vestita di bianco, alla quale Antonio ha deciso di aderire.
Il contrasto delle personalità è la chiave del film: Lorenzo è arrabbiato con Antonio che tre anni fa lo ha abbandonato a metà di un tour e con un disco da fare ed è perennemente in ansia. Antonio, al contrario, sembra sereno, ha abbandonato le antiche pressioni e cerca di riconciliarsi con l’amico di un tempo. Anche se non va dimenticato che “dietro al nuovo semenita c’è la solita testa di minchia”.
Ne nasce un road movie che fa il periplo dell’Isola tra Lestrigoni, Shakespeare, Artù, gli Eschimesi, alla ricerca di leggende più surreali e improbabili che suggestive. Ne nascono dialoghi e situazioni spassose, anche un po’ naïf qui e là, ma sempre con intelligenza.
Come reagire alle aspettative
Il tema di fondo, peraltro, è lo stesso di Splash, la canzone che è valsa al duo alcuni premi sanremesi (e più di sette milioni di stream su Spotify): come reagire alle aspettative. In un flashback “musicalmente” molto significativo, all’interno di un film peraltro pieno di musicisti e di canzoni, i due litigano sulle direzioni da prendere nella carriera comune, senza citare Musica leggerissima ma alludendo chiaramente a quel tipo di successo. Lorenzo dice che si è rotto di rimanere ancorato alla scena indie e parla dei numeri che hanno fatto e potrebbero fare, Antonio è molto poco convinto dal pragmatismo dell’amico e reagisce scappando.
A proposito di musicisti: ci sono Erlend Oye dei Kings of Convenience, scandinavo adottato dalla Sicilia, Adele Altro degli Any Other (se non ho visto male) vestita da suora, una Madame inconsueta, che canta in modo molto classico e su un tappeto acustico. E un clamoroso Brunori Sas capellone: già anticipato da qualche clip, Darione nostro accompagna ColaDima in un improbabile inedito dei Doors che parla di lunghezza di serpenti e di autostima. Altre presenze significative quelle di Stefania Rocca e Corrado Fortuna.
Un filo più incongruo e forse improvvisato il cameo del Professore, Roberto Vecchioni, che parla di Shakespeare. Ma va bene comunque, non stiamo a sottilizzare. Tanto “la vita è un susseguirsi di Gesù, tasse e rapporti sessuali deludenti. E poi muori”.
Per certi versi, La primavera della mia vita è come le loro canzoni: sembrano disimpegnate e non lo sono del tutto, sembrano impegnate e non lo sono del tutto. Insomma, hanno fatto un “Film leggerissimo”, per non cadere nel buco nero che sta a un passo da noi. Mettendo insieme quanto di meglio avevano da offrire in tema di amicizia e di sguardo sulla vita.
“La vita è un susseguirsi di Gesù, tasse e rapporti sessuali deludenti. E poi muori”.
Da queste parti siamo tifosi sfegatati di Colapesce e Dimartino, perciò perdoniamo loro anche qualche piccola sbavatura di quella che, appunto, è un’opera prima. Ma nelle vesti di attori e coautori, insieme al regista Zavvo Nicolosi e a Michele Astori, risultano credibili e convincenti. L’unico timore è che ora si siano divertiti troppo e si mettano a fare più i cineasti che i musicisti, il che sarebbe una perdita enorme.
“Vi piace ‘u cinema?”, chiede il pastore le cui pecore bloccano il passaggio della Ford arancione di ColaDima. “Sì”, rispondono in coro. E si vede.